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Questo articolo è stato pubblicato il 21 gennaio 2015 alle ore 18:00.

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Tornano nel ddl costituzionale sul nuovo Senato non elettivo i cinque senatori nominati dal presidente della Repubblica. Previsti nel testo approvato ad agosto dal Senato, erano stati cancellati dalla commissione Affari costituzionali della Camera grazie a un emendamento del M5S votato anche dalla minoranza Pd. Ma oggi l’assemblea di Montecitorio ne ha sancito il ritorno approvando una proposta di modifica presentata da Ettore Rosato del Partito democratico e votata anche da Forza Italia. Secondo il testo modificato, dunque, il Senato sarà composto da «novantacinque senatori rappresentativi delle istituzioni territoriali e da cinque senatori che possono essere nominati dal presidente della Repubblica».

Civati: «Un’assurdità»
In dissenso ai propri gruppi si sono espressi in Aula i deputati dem Enzo Lattuca, Rosy Bindi, Gianni Cuperlo, Alfredo D’Attorre, Marilena Fabbri, Davide Zoggia, Riccardo
Agostini, Stefano Fassina e anche i forzisti Daniele Capezzone, Pietro Laffranco e Nicola Citati. Pippo Civati, sempre della minoranza Pd, è stato però l’unico a votare “no” (gli altri sono usciti al momento del voto), come M5s, Sel e Lega Nord. «La discussione per ribaltare la decisione della commissione Affari costituzionali di eliminare dal testo approvato al Senato i cinque senatori-non-più-a-vita-ma-a-lungo (nominati per sette anni dal presidente della Repubblica) è surreale», ha spiegato Civati sul suo blog. Un’assurdità che per il deputato deriva dal fatto che la nomina presidenziale cozza contro l’articolo 55 della Costituzione secondo cui «il Senato della Repubblica rappresenta le istituzioni territoriali». Poiché la «rappresentanza della nazione oggi attribuita ai senatori dall’articolo 67 è eliminata - continua Civati - i 95 scelti dai Consigli regionali rappresentano le istituzioni territoriali, quelli nominati dal presidente nulla.
Però li teniamo lo stesso. Bello».

Esame al ralenti per l’ostruzionismo
I lavori dell’Aula sono comunque proseguiti al ralenti e riprenderanno domattina con l’articolo 2. Ha pesato anche oggi l’ostruzionismo delle opposizioni e non è mancato qualche momento di bagarre, come quando un intervento del M5s ha attaccato il Pd elencando gli amministratori locali democratici indagati. La contingentazione dei tempi, al fine di arrivare al via libera entro il 29 gennaio, si fa più dura: ogni deputato avrà a disposizione solamente 30 secondi per gli interventi a titolo personale. Ma potrebbe non essere sufficiente per arrivare al sì prima del voto per il successore di Napolitano al Colle. Tanto che sembra molto probabile che si continui con le votazioni anche nel fine settimana.

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