
La decisa vittoria elettorale, la formazione e le prime prese di posizione ufficiali del governo presieduto da Alexis Tsipras accompagnano una situazione di estrema incertezza in tutti gli Stati membri dell'Unione. La dichiarazione del leader greco di voler risolvere i problemi interni attraverso la ristrutturazione del debito pubblico e il rigetto di qualunque politica di austerity si è accompagnata alla conferma di voler rimanere comunque nell'euro. Pare dunque che “l'austerità espansiva” dettata dalla troika e comandamento fondamentale del neoliberismo economico, che ha condotto all'attuale stato di deflazione e alla diffusa disoccupazione nella maggioranza dei Paesi europei, stia per lasciare completamente isolata la sua grande sostenitrice, la Germania di Angela Merkel.
Quel che appare peraltro contraddittorio è che l'attacco all'attuale tradizionale politica economica europea abbia trovato totale adesione non soltanto nei movimenti politici di sinistra, come lo spagnolo “Podemos”, ma anche nelle estreme destre antieuropee e populiste. Si pensi alla dichiarazione di Marine Le Pen, del Fronte Nazionale Francese, che ha parlato di un «mostruoso schiaffo democratico» all'Unione Europea, nonché a quella di Matteo Salvini, della nostrana Lega, che ha qualificato la vittoria di Syriza come uno «choc elettrico». Tuttavia, quel che appare ancor più sconcertante è l'entrata nel governo Tsipras, come ministro della Difesa, di Panos Kammenos, leader del partito della destra nazionalista “Greci indipendenti”.
La globalizzazione e la grave crisi economica hanno avvicinato movimenti politici, che han perduto nel populismo la loro identità, unendoli nel rifiuto di soluzioni sovranazionali, le sole che potrebbero garantire una situazione mondiale di pace e di sviluppo, come è accaduto alla fine della seconda guerra mondiale.
Qualunque sia poi la soluzione greca, una pesante e complessa ristrutturazione del debito o un'uscita della Grecia dall'euro, la situazione dell'Europa - sempre più orientata a soluzioni interne destinate a rimedi parziali che un'inesistente governance non riuscirà a risolvere - difficilmente potrà migliorare.
Che ogni nazione o regione del mondo cerchi una sua egoistica strategia è un errore grossolano. È certo infatti che la priorità assoluta sia quella di continuare il processo di unificazione politica, che l'unione monetaria ha lasciato a metà, togliendo forza e legittimazione alle stesse istituzioni europee, vittime della globale libertà dei mercati e del capitalismo finanziario ben rappresentate dalla troika. È tempo allora di realizzare “un'Europa libera e unita, premessa necessaria per il potenziamento della civiltà moderna”, ciò che “farà riprendere immediatamente in pieno il processo storico contro le disuguaglianze e i privilegi sociali”.
Sono queste, in una sintesi meravigliosa, le parole contenute nel “Manifesto di Ventotene” redatto da Altiero Spinelli, Eugenio Colorni ed Ernesto Rossi nel giugno 1941. Il Manifesto indicava a coloro, che volevano maggior democrazia e giustizia sociale all'interno delle loro nazioni, di perseguire l'unità di un'Europa federale invece che le strategie interne. È allora tempo per la politica europea di rileggere e riscrivere il Manifesto di Ventotene.
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