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Borse ai massimi tra economia Ue e Grecia

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Europa

Borse ai massimi tra economia Ue e Grecia

  • –Vittorio Carlini

SCENARI E BANCHE CENTRALI

Il Qe della Bce, insieme alle

politiche espansive delle altre

banche centrali, aumenta

la liquidità che, in cerca di rendimento, sostiene i listini

Ieri, soprattutto nella prima parte della giornata, il ruolo da protagonista è stato interpretato dalla congiuntura. Il Pil europeo, nel quarto trimestre del 2014, è risultato migliore delle attese. Il che ha spinto all’insù i listini. Certo, in Eurolandia i numeri sono a macchia di leopardo. E però il Prodotto interno lordo di Berlino in crescita dello 0,7%, unito all’arresto della caduta di quello di Roma, ha sorpreso gli operatori. I quali, sulla scia del dato aggregato dell’Eurozona (+0,9% nel 2014), hanno avviato gli acquisti. In questo contesto si è avvantaggiata la Borsa di Francoforte: il Dax, che poi ha chiuso in rialzo solo dello 0,4%, ha toccato durante le contrattazioni il massimo storico a 11.013 punti.

La sfida di Atene

Ma non è stato solo il Pil. Seppure momentaneamente relegati ad un ruolo secondario, il tema della Grecia e quello dell’Ucraina hanno anch’essi influenzato i listini. «I mercati - dice Claudio Barberis di Moneyfarm.com - paiono ottimisti rispetto all’intesa» tra Atene e la Troika. «Le proposte del ministro Varoufakis sono aggressive. Potranno non essere accettate in toto ma hanno un loro fondamento tecnico. Il che, facendo dell’attuale governo greco un interlocutore serio, agevola per l’appunto il possibile accordo». Non solo. La stessa dinamica un po’ più positiva sul fronte congiunturale, è un’ulteriore spinta «in favore dell’intesa».

Così, ad esempio, l’inflazione stimata tra il 2020 e il 2025 (indicatore molto utilizzato dalla Bce)ha rallentato la discesa: il derivato, sebbene ancora molto basso, prevede un valore intorno all’1,6% (era sotto l’1,5% a metà gennaio scorso). Il che fa ipotizzare un miglioramento sul fronte dei prezzi al consumo. «Insomma- conclude Barberis- mandare tutto all’aria adesso sarebbe» una follia. Certo, l’imprevisto è sempre dietro l’angolo. Ciò detto ieri, da un lato, la Borsa di Atene ha recuperato un po’ (+5,6%). E, dall’altro, il pressing sui suoi titoli di Stato è diminuito: il rendimento del governativo a 10 anni, per esempio, è tornato sotto il 10%. Un duplice segnale che indica come i mercati sperino, almeno al momento, in una soluzione positiva della tragedia greca

Ucraina e le aspettative

Così come si augurano che la soluzione alla crisi con Mosca possa essere finalmente trovata. La situazione, dopo l’incontro tra Angela Merkel, Petro Poroshenko, Francois Hollande e Valdimir Putin, è migliorata. Seppure rimane ancora fluida.

Anche in questo caso, tuttavia, i listini hanno delle aspettative positive e, sulla scia di queste, i mercati salgono. Al che viene da chiedersi: perchè le attese, sempre rilevanti, hanno adesso ancora più importanza? La risposta è nell’enorme quantità di liquidità in circolazione, unita alle sempre maggiori politiche espansive delle banche centrali. L’avvicinarsi dell’avvio degli acquisti della Bce continua a schiacciare i tassi e ha indebolito l’euro. I rendimenti dei titoli di Stato tedeschi, ad esempio, sono negativi fino alla scadenza a 5 anni (compresa). La moneta unica, dal canto suo, ha chiuso ieri intorno a 1,14 sul dollaro. Si tratta di cocktail finanziario che giocoforza ha indotto le altre banche centrali a ripensare (Bank of England) la prevista stretta; oppure (l’istituto centrale svedese) ad avviare un mini-Qe da 1,2 miliardi di dollari.

In un simile contesto di «denaro facile» è ben comprensibile perchè gli umori degli investitori, almeno nell’arco della giornata, sia diventato un market mover così importante. Ecco che, allora, la positività si riflette su asset class quali i governativi dei Paesi periferici di Eurolandia. Ieri il rendimento del BTp a 10 anni si è fermato all’1,62%, con il differenziale tra Roma e Berlino a 127 punti base (erano 135 due giorni fa). Lo stesso decennale spagnolo ha visto il suo rendimento scendere all’1,55% a fronte dello spread sul Bund che è tornato a stringersi (120 i basis point).

Il petrolio e Wall Street

Fin qui le indicazioni sull’Europa: quali però le dinamiche di Wall Street? Ieri l’S&P500 ha toccato l’ennesimo record storico con l’indice oltre i 2094 punti. A ben vedere si tratta di una dinamica un po’ inattesa. Il consensus degli esperti, infatti, è in questo momento più favorevole all’azionario europeo rispetto a quello statunitense. Perchè allora il nuovo massimo? Alcuni richiamano l’effetto Qe «made in Europe»: non sapendo dove trovare rendimento l’extra liquidità, seppure il P/e di Shiller indica una sopravalutazione del 63,9% rispetto alla media storica, fluisce sempre verso la Strada del Muro. La valutazione è sensata. Tuttavia rileva di più la dinamica del petrolio: ieri il Wti, in Europa, è risalito nell’intraday fino a 53,43 dollari al barile. Il balzo è stato interpretato come un indizio positivo sulla crescita globale. E di nuovo , gli acquisti hanno prevalso.

Così, mentre Wall Street viaggiava al rialzo, i principali listini Ue hanno chiuso l’ottava in positivo: Milano (+0,96%) è al top da 5 mesi; Madrid (+1,68%) è stata la migliore. Infine, lo Stoxx 600 ha raggiunto il massimo dal 2007.

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