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L’Isis contro Gentiloni: «È un ministro crociato»

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LIBIA NEL CAOS

L’Isis contro Gentiloni: «È un ministro crociato»

L’emittente radiofonica dell’Isis “al Bayan”, che ogni giorno trasmette dalla città irachena di Mosul un notiziario pubblicato su Youtube, ha riportato le dichiarazioni del ministro degli Esteri italiano Paolo Gentiloni sulla Libia definendolo «il ministro degli Esteri dell'Italia crociata». È la prima volta che il nostro Paese viene ufficialmente inserito dallo Stato islamico nella lista delle nazioni «nemiche».

L'edizione mattutina del giornale-radio di al Bayan afferma che Gentiloni, «dopo l'avanzata dei mujahidin in Libia ha detto che l'Italia è pronta a unirsi alla forza guidata dalle Nazioni atee per combattere lo Stato islamico». L'espressione “Nazioni atee” in arabo è un riferimento implicito alle Nazioni Unite: le due espressioni in arabo sono molto simili.

«Se non si trova una mediazione» in Libia, l'Italia è «pronta a combattere in un quadro di legalità internazionale», aveva dichiarato Gentiloni.

L'Isis intanto, dopo aver conquistato la città di Sirte, ha distribuito volantini annunciando l'intenzione di prendere anche Misurata. Dopo Tripoli e Bengasi, Misurata è la terza maggiore città della Libia e principale porto. Finora è stata fedele al governo di Tripoli. E' circa 250 chilometri a ovest di Sirte.

Sulla minaccia dell’Isis e più in generale sul caos che regna in Libia è intervenuto anche Matteo Renzi. «Noi abbiamo detto alla Ue e alla comunità internazionale che non si può far finita di dormire. La Libia è qualcosa che riguarda tutti noi quindi ci vuole una missione più forte dell'Onu innanzitutto politica e democratica e l'Italia sarà pronta a fare la sua parte nella missione Onu per difendere l'idea di liberà e diritti». Così il premier al Tg1.

«Abbiamo un monitoraggio costante di tutti i possibili rischi. L’allerta rimane elevatissima». Lo ha detto il ministro dell'Interno, Angelino Alfano, intervistato da Rai News 24, a proposito delle minacce dell'Isis all'Italia. La Libia «deve essere una priorità assoluta, per tutta la comunità internazionale. O si spegne l'incendio o le fiamme possono divampare con rischi gravi per tutti».

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