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In Libia il rischio di una spartizione

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Medio Oriente

In Libia il rischio di una spartizione

E arrivò il giorno della spartizione della Libia e del suo petrolio. Come del resto era sembrato abbastanza chiaro anche in quella lontana primavera di quattro anni fa quando Francia e Gran Bretagna lanciarono i raid contro Gheddafi per dare alle loro compagnie petrolifere un nuovo stato “amico” in Nordafrica. Non a caso venne bombardata Bengasi dove era esplosa la rivolta anti-regime. Il 20-25% delle riserve di oro nero è a Ovest in Tripolitania, dove ci sono i maggiori interessi italiani e il gasdotto Greeenstream, il resto, quasi l’80%, è custodito in Cirenaica, a Oriente. Tripoli è in mano ad Alba Libica, legata ai Fratelli Musulmani, usciti sconfitti dalle elezioni del 2014, e alleata di Misurata; in Cirenaica c’è il governo di Tobruk, riconosciuto dalla comunità internazionale ma nei fatti in mano alle milizie del generale Khalifa Haftar e manovrato dall’Egitto del generale Al Sisi che senza aspettare il benestare dell’Onu sta conducendo, con il sostegno della Francia, degli Emirati e della Russia, la “sua” guerra al Califfato, il terzo incomodo che ha fatto irruzione sulla scena occupando Sirte e rivendicando gli attentati a Tripoli.

L’Italia, con le sue motivate preoccupazioni relative alla sicurezza, ai flussi dei migranti e alla protezione degli interessi economici, in Libia si muove in un quadro internazionale ma sostanzialmente è sola, pur essendo con 6,5 miliardi di euro di interscambio ancora il primo partner libico. Come dice l’ambasciatore a Tripoli Giuseppe Buccino, ricevuto ieri dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, la situazione non è compromessa ma le principali fazioni ritengono di poter vincere la partita con la forza, non con il negoziato. Questo è il problema. Sospendendo i colloqui con i rivali di Tripoli, il governo “moderato” di Tobruk ha inferto ieri un duro colpo alla mediazione dell’Onu affossando i negoziati in programma giovedì a Rabat.

Ma il governo di Tobruk ha fatto anche qualche cosa di più annunciando che saranno riesaminati tutti i contratti con le compagnie straniere, vietando ogni attività alle aziende della Turchia “complice” degli islamisti di Tripoli. Questo significa che la divisione tra Cirenaica e Tripolitania diventa anche economica. È il colpo di pistola per dare il via alla spartizione delle risorse: chi vincerà, Califfato permettendo, farà la lista dei buoni e dei cattivi, stabilendo a chi vanno e come le concessioni di gas e oro nero. Ai tempi del Colonello era soltanto lui a decidere oggi sono in tanti a dire la loro, dentro e fuori la Libia.

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