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Il cuneo tra Parigi e Berlino

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Il cuneo tra Parigi e Berlino

Era nell'angolo la Grecia di Alexis Tsipras e a un passo dall'uscita dall'euro: il vertice dei capi di Stato e di Governo dell'Unione era stato convocato per oggi a Bruxelles per prenderne atto e organizzarla. Invece con una capriola politicamente spericolata, incassando prima il fragoroso no referendario (61,3%) all'offerta rigorista dei creditori e poi il sì parlamentare (251 su 300 voti) ancora più sonoro paradossalmente quasi sulla stessa proposta, il premier ellenico pur capitolando davanti ai creditori ha rilanciato la palla nel campo avversario. «La nostra è una scelta difficile ma vogliamo evitare Grexit, che è una decisione politica sotto pretesto economico», aveva detto arringando i deputati.

E riuscendo alla fine a limitare a 17 le defezioni da Syriza, il suo partito, e a far nascere di fatto una grande coalizione con i partiti-antagonisti: popolare, socialista e liberale. Se con due mosse spregiudicate nella loro palese contraddittorietà, il premier ha sparigliato rimettendo in gioco se stesso e il suo Paese europeista, la trattativa è tutta in salita: promette riforme e sacrifici ben superiori a quelli contenuti nel piano Tsipras e per ora senza certezze. Perché manca la fiducia. «Il Governo Tsipras nelle ultime settimane ha fatto di tutto per distruggerla», ha dichiarato Wolfgang Schäuble all'Eurogruppo. Parlando di un gap finanziario da coprire che va ben oltre quello ipotizzato da Atene. Arrivando ad evocare la sospensione della Grecia dall'eurozona per 5 anni o proposte migliori su rigore e riforme insieme alla costituzione di un fondo, dove far confluire 50 miliardi di patrimonio dello Stato, per ripagare il debito.

Lo scontro tra lo scetticismo dei falchi guidati dalla Germania e il volontarismo delle colombe capeggiate dalla Francia è violento e brutale. I problemi da risolvere prima di avviare un negoziato difficilissimo sono enormi: perché dopo 10 giorni di controlli sui capitali le banche sono al default, vanno ricapitalizzate per 25 miliardi, l'economia è al disastro, il deficit in netta ascesa. Dunque i conti vanno aggiornati alla luce del nuovo fabbisogno e delle imminenti scadenze. Si discute di un terzo salvataggio da 74 miliardi tra finanziamenti Esm e Fmi per 3 anni. La cifra non potrà che aggravare il teorema già pesantissimo dell'insostenibilità del debito greco, quindi l'urgenza della sua ristrutturazione.

Su questo fronte, tabù dichiarato a Berlino, la contrapposizione tra Schaeuble e Christine Lagarde ieri ha fatto scintille. Il direttore del Fondo propone di raddoppiarne, da 30 a 60 anni, la maturità media. Il nein del ministro tedesco resta netto.
Il destino della Grecia nell'euro resta appeso a un filo sottile. Con la certezza che questa volta non le verranno fatte concessioni se prima non avrà attuato almeno in parte le promesse. Il piano delle riforme non solo è una base buona ma insufficiente ma deve ottenere l'imprimatur parlamentare su alcune riforme per sbloccare l'avvio dei negoziati. Questo il messaggio dei ministri dell'Eurogruppo che però rimettono al vertice dei leader dell'euro e dell'Unione, oggi a Bruxelles, la responsabilità della decisione finale sulla Grecia. Neanche per la politica il verdetto sarà facile.

Nessuno è più disposto a firmare cambiali in bianco perché tutti devono rispondere in casa di decisioni costose e impopolari. Soprattutto nei Paesi dove i parlamenti devono autorizzare il via alla trattativa. Ieri dalla Finlandia è partito un no e il governo di coalizione con gli euroscettici potrebbe saltare sulla Grecia. Potrebbe essere solo il primo: il salvataggio va deciso per consenso. Come finirà? Dopo una serie di errori, Tsipras è riuscito ad allontanare Grexit (non a scongiurarlo), anche sfruttando le divisioni tra i creditori sulla ristrutturazione del debito, suo principale obiettivo. E spaccando il fronte franco-tedesco. A questo punto, se non vorrà essere ricordata come il cancelliere che ha eretto il primo muro europeo dopo il crollo di quello di Berlino, Angela Merkel dovrà scegliere se salvare l'euro con la Grecia - perché questa è la vera sfida - e quindi l'interesse primario dell'economia tedesca oppure arrendersi ai mal di pancia del suo partito e del Bundestag. Dovrà scegliere tra gli interessi di breve o lungo termine della Germania. Un vero leader non avrebbe esitazioni. Ma l'incidente Helsinki complica il gioco.

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