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L'Europa costruisca la «fase 2» della crescita

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IL RUOLO DI PADOAN

L'Europa costruisca la «fase 2» della crescita

Se oggi l'Europa divisa troverà (come speriamo) una nuova convergenza verso una sistemazione finanziaria della Grecia responsabilmente equa anche verso gli altri Stati europei, per la Ue e la Uem si dovrà aprire una fase nuova. Quella nella quale il rispetto del Patto di stabilità e di crescita andrà unito a dei controlli più sostanziali sui singoli Paesi membri da parte delle istituzioni europee troppo distratte sui temi di economia reale. Lo sviluppo deve avere la stessa dignità del rigore, senza il primo la virtù del secondo è destinata ad aggravare la situazione.

Il caso greco dovrebbe infatti darci due (tra i tanti) insegnamenti. Il primo riguarda le istituzioni Ue “vigilanti” che hanno ammesso la Grecia nell'eurozona con valutazioni puramente formali sui conti pubblici (poi rivelatesi truccati) e che nei 10 anni prima della crisi non hanno saputo incalzare i governi di quel Paese a riforme strutturali per costruire un'economia reale vera. Il secondo insegnamento riguarda la Grecia che non ha fatto nulla per essere un Paese dell'eurozona(diversamente dai Paesi ex comunisti) ritenendo che la storia greca fosse bastante per stare in una unione economica e monetaria. Aspetto quest'ultimo esasperato da Tsipras con una retorica sovranista e passatista che mal si concilia con la filosofia della solidarietà responsabile su cui sono state fondate la Ue e la Uem.

Questa vicenda ci spinge ad alcuni commenti sull'Italia che taluno ha spesso indicato come l'altro “anello debole” dell'eurozona.
Il ruolo dell'Italia. Tra coloro che si sono spesi per evitare che si arrivasse al Grexit, il governo italiano ha svolto un ruolo soprattutto nell'Eurogruppo anche senza partecipare ai mini-vertici Hollande-Merkel. Il ministro Padoan ha contato molto. La sua posizione è sempre stata chiara per trovare una soluzione equa e razionale che evitasse il Grexit. A questo problema urgente ha sempre unito (a partire dalla presidenza dell'Ecofin durante il semestre europeo a guida italiana) una valutazione strutturale sul futuro dell'eurozona.

Ovvero un'interpretazione flessibile delle regole del fiscal compact non per evitare le riforme nei singoli Paesi (la cui sovranità economica era ed è da considerarsi limitata in quanto aderenti ad una Unione) ma per il rilancio degli investimenti e della crescita.
Quindi per avere una sostenibilità delle finanze pubbliche anche in forza di un Pil in espansione. E qui l'Italia ha già ottenuto per il 2015 delle flessibilità che speriamo possa avere anche per il 2016.
Quanto all'opinione che Grexit avrebbe potuto provocare effetti drammatici per l'Italia, è sempre stata sempre seccamente contrastata dal Governo italiano, e lo stesso moderato aumento dello spread lo ha comprovato.

Non siamo più nel 2012 e non solo perché la Bce ha poteri maggiori ma anche perché da allora ad oggi l'Italia ha dimostrato in molti modi di essere forte. Infatti non ha chiesto aiuti ai fondi salva-Stati europei, ha usato risorse pubbliche limitatissime per il settore bancario, ha posto in essere misure di finanza pubblica molto pesanti per mantenere avanzi primari, ha addirittura impegnato circa 36 miliardi per sostenere la Grecia. Forse abbiamo esagerato (rispetto agli spagnoli) nel fare da soli ma visto che è andata così dobbiamo valorizzare gli sforzi fatti (anche dai governi Monti e Letta) nel nostro interesse e per l'Europa.

L'Fmi e l'Italia. Che l'Italia sia un Paese complesso e pieno di dualismi non c'è dubbio. Non è vero però che sia un Paese scassato che non conta nulla in Europa e nel contesto internazionale. Così come non è vero che in Italia non si stiano facendo delle riforme anche se forte è la nostra capacità di resistere alle stesse, di considerarle sempre sbagliate e comunque di rappresentare all'estero un Paese peggiore di quello che è. Questa nostra affermazione prende lo spunto dallo statement che Carlo Cottarelli ha presentato pochi giorni fa alla riunione dell' Executive board dell'Fmi commentando la valutazione annuale fatta dalla staff del Fondo sull'Italia.

Si tratta di un magistrale statement di un direttore esecutivo prestigioso che nella neutralità del suo ruolo (rappresenta al Fondo l'Italia e altri 6 Paesi), esprime erga omnes una presa di posizione la cui ufficialità pesa. Ed è strano che in Italia non si sia dato a questo statement l'attenzione che merita.Sia pure brevemente lo facciamo qui . Cottarelli critica l'analisi degli ispettori Fmi sia con riferimento agli indicatori utilizzati (Doing business e Wef) sulla cui base si configura il giudizio complessivo sull'Italia, collocandola nella coda dei Paesi Ocse sia perché essi considerano come progettate molte riforme che sono già state attuate sia perché non tiene conto dei punti di forza dell'Italia.

Egli sintetizza 10 riforme fatte segnalando che le stesse hanno avuto una forte accelerazione nell'ultimo anno e che sono in linea con quelle raccomandate dall'Fmi (e, aggiungiamo noi, dalla Commissione europea). In forza dei noti fattori esterni e dei primi effetti di queste riforme, in Italia il ciclo economico ha svoltato come rivela anche il miglioramento delle previsioni di crescita dell'Fmi (rispetto a quelle di gennaio) che diventano dello 0,8% per il 2015 e del 1,2% per 2016. Si dirà che è poco ma noi osserviamo che stiamo recuperando terreno rispetto sia alla Uem che alla Francia, che nella crisi e anche adesso gode di una particolare “protezione” tedesca.

Cottarelli segnala anche altre 6 riforme progettate o in corso.Tra tutte quelle progettate scegliamone due che dovrebbero migliorare la dinamica della produttività italiana, la cui debolezza molto dipende dalle inefficienze del settore pubblico.
La prima (dando atto che c'è già stato un marcato smaltimento dei decreti attuativi giacenti) è il Ddl di riforma della Pubblica amministrazione, i cui decreti attuativi sono già pronti. A ciò aggiungiamo l'agenda per la semplificazione 2015-17. Si tratta di riforme fondamentali per aumentare la produttività del sistema Italia.

La seconda riguarda le privatizzazioni e le riorganizzazioni con riferimento alle quali noi riteniamo prioritarie quelle delle aziende partecipate dagli enti locali e quelle del patrimonio immobiliare pubblico. Una conclusione. Ci fa molto piacere che Cottarelli segnali come principale forza economica dell'Italia quella del suo manifatturiero (secondo in Europa e settimo al mondo) con primati di esportazione in vari prodotti che hanno retto e addirittura guadagnato terreno anche nella crisi. Concordiamo con lui nella consapevolezza però che tutto il sistema Paese dovrebbe ammodernarsi a questi livelli di efficienza internazionali.

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