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Volkswagen e la saga dei Porsche: una «Dallas» tedesca tra gli…

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LA STORIA FAMILIARE

Volkswagen e la saga dei Porsche: una «Dallas» tedesca tra gli eredi della dinastia

La famiglia è importante. Anche nel caso di un gruppo dalla governance complessa come quella di Volkswagen, dove si intrecciano tutte le peculiarità della Corporate Germany: la famiglia, appunto, in questo caso i Porsche, discendenti dell'ingegnere Ferdinand che inventò il Maggiolino; il sindacato, i cui rappresentanti in nome della cogestione occupano metà delle poltrone nel consiglio di sorveglianza; e infine la politica, dato che il secondo maggior azionista del gruppo è, con il 20% dei diritti di voto, lo Stato della Bassa Sassonia.

Di fronte a una simile complessità e a una tegola senza precedenti sulla credibilità del secondo gruppo automobilistico mondiale, la componente familiare potrebbe, per inerzia, tornare alla ribalta. Venerdì si tiene la riunione del supervisory board e sono in molti a pensare che la posizione di Martin Winterkorn, amministratore delegato di Volkswagen, sia a rischio. Certo il numero uno del gruppo difficilmente troverà comprensione in uno degli azionisti più importanti, quel Ferdinand Piech che fino alla primavera scorsa era il padre-padrone di Vw (Ceo dal 1993 al 2002 e fino al maggio 2015 presidente del consiglio di sorveglianza) e che aveva tentato di estrometterlo con un colpo di mano. Solo che l’onnipotente Piech, nipote di Ferdinand Porsche e membro del ramo di Salisburgo della storica famiglia, nell’occasione venne messo in minoranza dall’altro ramo familiare, quello di Stoccarda: fu la fine di un'epoca, fatta di rinascita, di acquisizioni a raffica e conquista dei mercati mondiali, in particolare quello cinese. Fuori Piech, pare perché ancora “affamato” di acquisizioni (negli ultimi anni non era più un mistero il suo forte interesse per il marchio Alfa Romeo) e dentro, saldamente al comando, Martin Winterkorn, più interessato a un riassetto interno con il duplice obiettivo di accrescere la redditività del marchio Vw e di rafforzare la presenza sul mercato americano.

Questo, almeno, fino a pochi giorni fa, prima che esplodesse lo scandalo delle emissioni truccate. Come un leader d’azienda giapponese Winterkorn si è scusato e riscusato, ma forse qualcuno sorride perché il destino del pur bravo manager è cambiato in poche ore. Forse nei prossimi giorni si assisterà a un’ipotetica terza puntata dalla faida di famiglia. La prima si consumò nel 2008, quando fu la stessa Porsche (azienda), allora guidata da Wendelin Wiedeking, legato al ramo familiare di Stoccarda, a tentare un’improbabile scalata al colosso di Wolfsburg. Finì male per Wiedeking e bene per Piech, che aggiunse anche il marchio Porsche alla lunga lista dei suoi trofei di “caccia”.

Davvero un gruppo d’eccezione, Volkswagen, con numeri da capogiro e ambizioni di leadership mondiale che non sono però sfuggite ai capricci di una famiglia che ha fatto (e disfatto) la storia dell’industria automobilistica.

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