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Le troppe incognite dell’Europa «darwiniana»

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l’analisi

Le troppe incognite dell’Europa «darwiniana»

Forse è presto per saltare alle conclusioni. Forse è meglio per ora consolarsi con l’ottimismo della volontà. E sperare in un esito felice, prima o poi, della crisi dei rifugiati che non sacrifichi Schengen e la libera circolazione di persone e merci. Con gli enormi danni economici che ne seguirebbero.Però un esercizio di realtà e di realismo si impone. Con un interrogativo: non è che, strattonata dalle troppe emergenze che l’assediano, economia in frenata, banche instabili, populismi, terrorismo, l’Europa stia puntando in sordina, per semplificare giochi e problemi, sulla selezione darwiniana dei partner per scegliere alla fine solo gli esemplari più forti? È il muro “preventivo”del Brennero a istillare il dubbio. L’Italia ha subito denunciato a Bruxelles l’assoluta pretestuosità dell’iniziativa austriaca, in assenza di provate impennate di flussi migratori.

Persino il muro di Berlino non nacque nel 1961 da processi a ipotetiche intenzioni ma dal lucido disegno repressivo di un’altra umanità dolente. In “lungimiranza” Werner Fayman, evidentemente, vuol superare Walter Ulbricht, il vecchio maestro della Ddr.Il cancelliere socialdemocratico austriaco potrebbe avere l’attenuante delle presidenziali del 24 aprile che l'estrema destra rischia di vincere. Potrebbe, se proprio la logica di strumentalizzare l’Europa a fini di politica interna non l’avesse portata nel vicolo cieco in cui si trova, tra l’altro molto spesso con effetti controproducenti per i suoi autori. Potrebbe, se in ballo con Schengen non ci fossero la tenuta del mercato unico e in ultima analisi dell’euro. Potrebbe, se non si intravedesse anche una sospetta coincidenza temporale tra l’ansia di Vienna di blindare la frontiera con l’Italia, dopo aver sbarrato la rotta dei Balcani, e l’ultimatum appena lanciato da Bruxelles alla Grecia.

Atene dovrà entro il 26 aprile presentare una piano concreto di rafforzamento della frontiera esterna Ue e attuarlo entro il 12 maggio. In caso contrario saranno prorogati fino a metà novembre i controlli ai suoi confini. In breve, il paese sarà fuori dall’area Schengen, intrappolato in casa insieme alle sue migliaia di rifugiati. Nonostante l’accordo Ue-Turchia abbia fatto precipitare arrivi ed esodo verso il Nord Europa. E nonostante il promesso ricollocamento da Grecia e Italia di 160.000 rifugiati nel resto dell’Ue in due anni, deciso 7 mesi fa, a oggi sia fermo a 1.145 persone. Isolata l’appendice greca di Schengen, con la tacita complicità di Mitteleuropa e scandinavi e l’ignavia della Commissione Ue, ora l’Austria tenta lo stesso colpo con l’Italia, boccone molto più grosso ma geograficamente altrettanto periferico con coste infinite e incontrollabili. Ci riuscirà? Il Governo Renzi ha suonato l’altolà a una manovra ingiustificata e sproporzionata. Chiusa la rotta balcanica, il Mediterraneo torna però a rovesciare profughi in Italia: 4.000 solo ieri, 24.000 da inizio anno, il doppio del 2015. Donald Tusk, il presidente del Consiglio Ue ha lanciato l’allarme richiamando alla solidarietà anche verso Italia e Malta. In realtà la partita vera oggi si gioca sull’Europa del futuro, i rifugiati ne sono una variabile accessoria. Per questo solo la Gemania può fermare il Gauleiter austriaco, la crisi con l’Italia e la marcia felpata verso l’Europa di Darwin. Può perché sa che, anche rattrappendola, non si risolverebbero per incanto tutti i suoi problemi.