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Ue verso una mini-riforma di Dublino

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Ue verso una mini-riforma di Dublino

  • –Beda Romano

bruxelles

In un momento delicato, segnato anche dall’incertissimo referendum sul futuro della Gran Bretagna nell’Unione, la Commissione europea è chiamata nei prossimi giorni a una serie di scelte sul modo in cui gestire la perdurante crisi migratoria. Sul tavolo, vi è la liberalizzazione dei visti alla Turchia; una riforma del Principio di Dublino; e l’eventuale proroga di controlli alle frontiere interne dello Spazio Schengen. Tutti temi che rischiano di creare nuove e gravi tensioni nazionali.

Nel fine settimana, la Germania e altri cinque Paesi hanno chiesto alla Commissione di preparare una proposta per poter prorogare le verifiche d’identità ai confini dello Spazio Schengen per un massimo di due anni. Gli attuali controlli, annunciati in via unilaterale dai Paesi membri, possono rimanere in vigore per un massimo di sei mesi. Per prorogarli, vi è bisogno di una proposta comunitaria che deve essere approvata a maggioranza qualificata dai Ventotto (si veda Il Sole 24 Ore di domenica).

Ieri a Bruxelles, la portavoce della Commissione Mina Andreeva ha confermato l’iniziativa dei sei Paesi dell’Unione (Germania, Austria, Belgio, Francia, Danimarca e Svezia), rinviando una decisione al 12 maggio. In quel giorno, l’esecutivo comunitario deve pubblicare un rapporto sulla situazione in Grecia. L’eventuale proroga dei controlli nello Spazio Schengen dipende infatti dall’effettiva impossibilità di Atene di proteggere la frontiera esterna dell’Unione.

In Grecia «ci sono ancora carenze da affrontare», ha ammesso la portavoce, senza però voler in questo modo anticipare la decisione della Commissione. La scelta di Berlino e delle altre capitali conferma quanto la situazione rimanga delicata. Non piace a molti partner per il timore che verifiche d’identità nello Spazio Schengen possano rallentare anche i flussi commerciali, oltre che il transito delle persone. Intanto domani sono attese altre scelte altrettanto controverse.

La Commissione dovrebbe presentare una proposta di revisione del Principio di Dublino. Quest’ultimo prevede attualmente che il Paese di primo arrivo sia unico responsabile di accogliere i richiedenti asilo. In aprile, Bruxelles aveva tastato il polso dei governi, illustrando due opzioni: una riforma radicale, con l’introduzione di un meccanismo permanente di ricollocamento dei rifugiati in tutta Europa; o in alternativa un sistema di redistribuzione da adottare solo in casi di emergenza.

Secondo le informazioni raccolte a Bruxelles, la Commissione dovrebbe proporre la seconda opzione. L’idea, che deve essere approvata dai Paesi membri (l’iter si presenta molto lungo e incerto), prevede un meccanismo di ricollocamento obbligatorio e automatico, non appena un Paese subisce un flusso molto superiore alla media. Una possibilità ancora in discussione è di chiedere ai Paesi che sospendono l’obbligo della redistribuzione un contributo (si parla di 250mila euro per ogni rifugiato non accolto).

Questo aspetto è molto controverso, e non è chiaro se verrà proposto effettivamente dalla Commissione. «La questione del ricollocamento divide profondamente i Ventotto. Basta vedere come l’attuale meccanismo di redistribuzione di 160mila rifugiati non stia funzionando», nota un negoziatore. «Peraltro, non piace neppure al presidente del Consiglio europeo Donald Tusk. Tra le altre cose, questi teme che possa influenzare l’esito già incerto del voto referendario in Gran Bretagna».

Sempre domani, Bruxelles dovrebbe proporre una liberalizzazione dei visti per i cittadini turchi, in cambio dell’aiuto di Ankara nel gestire i flussi migratori. Anche questo capitolo è controverso. Più in generale e in buona sostanza, nei prossimi giorni Bruxelles sarà alla ricerca di un arduo equilibrio tra l’urgenza di imporre maggiore integrazione tra i Ventotto e la consapevolezza di dover tenere conto delle sensibilità nazionali.

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