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Scontro con Erdogan, lascia Davutoglu

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Scontro con Erdogan, lascia Davutoglu

  • –Vittorio Da Rold

Il premier turco Ahmet Davutoglu ha annunciato le sue dimissioni al termine di un vertice del partito di governo Akp, in cui è emersa l’impossibilità di restare in carica dopo lo scontro con il presidente Recep Tayyip Erdogan. L’Akp terrà un congresso straordinario il 22 maggio per eleggere il suo successore.

Davutoglu, ex ministro degli Esteri e ideatore dell’infelice e poi disatteso slogan di politica estera «zero problemi con i vicini», lascia la guida del governo e dell’Akp, il partito islamico al potere dal 2002 senza interruzioni.

Lo scontro di potere è stato senza esclusioni di colpi tra il presidente della Repubblica Erdogan e l’ormai ex premier Davutoglu. Scontro che in realtà è su due modi di interpretare il futuro del paese da 80 milioni di abitanti: Davutoglu esponente della linea conservatrice nei costumi e liberista in economia, Erdogan promotore della svolta autoritaria in politica interna ed interventista in politica estera con riflessi sempre più negativi con i partner occidentali e della Nato, investitori internazionali compresi. Davutoglu ha avuto una forte capacità di dialogo con i leader europei e occidentali, Erdogan invece preferisce una politica di sfida, da potenza regionale con aspirazioni neo-ottomane in Medio Oriente e vuole trasformare il Paese in una repubblica presidenziale.

Già ieri circolavano i nomi dei probabili successori. In pole position, secondo fonti dell’Akp, sono Berat Albayrat, ministro dell’Energia, imprenditore e genero di Erdogan, il vice capo del governo, Numan Kurtulmus, e il ministro della Giustizia, Bekir Bozgag. Il futuro capo del partito - e quindi, come di prassi, del governo - sarà designato dal congresso dell’Akp (Partito per la giustizia e lo sviluppo) il 22 maggio.

Tra Erdogan e il suo capo di governo le cose si erano fatte sempre più complicate. Oltre alle divergenze sull’accordo con l’Ue per il rientro in Turchia dei migranti dalla Grecia (che il primo ministro avrebbe chiuso con un colpo di mano, senza consultare all’ultimo minuto il presidente), i due hanno visioni diverse sulla questione curda, sulla questione degli accademici - nel mirino per aver firmato una petizione per la pace con il Pkk - e in generale su molte vicende, che l’ormai ex premier tendeva a gestire con linea più morbida. La lira ha subito gli effetti dello shock politico.

Ultimo segnale di un dissidio al culmine ieri è stata la cancellazione di un incontro negli Usa tra Davutoglu e il presidente Barack Obama. Una cancellazione decisa da Erdogan, non dal capo del governo, che si è visto anche ritirare la delega per la nomina degli amministratori locali dell’Akp. Erdogan vuole sempre di più agire da «unico uomo al comando». E spesso non gradiva i modi felpati di Davutoglu, e la tendenza a prendere iniziative da solo, come per l’intesa con Angela Merkel sui migranti e visti.

«Questo sviluppo politico - ha detto Salman Ahmed, Chief Global Strategist di Lombard Odier Investment Managers - potrebbe condurre a una prolungata incertezza nel Paese». Proprio quello di cui Ankara non ha bisogno.

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