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La sola «irritazione antipartitica» non basta a risolvere i problemi

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La sola «irritazione antipartitica» non basta a risolvere i problemi

Credo che dopo i risultati elettorali di domenica 19 giugno si aggiungerà una dose in più al forte sapore di spartiacque e l’attualità delle votazioni annuncerà che il Paese chiede una seria diagnosi nella profonda crisi politica italiana. Non basterà più la solita frusta e stantia spiegazione sociologica della fluidità elettorale, come riflesso della frammentazione sociale. Si tratta purtroppo di un Paese che vuole cambiare pelle e a nulla varranno le parole di eminenti esperti a farci le morali, perché alligna sempre più profonda la pianta dell’irritazione anti-partitica.

La crisi rimane incentrata sui problemi e le prospettive della società italiana, come terreno dei comportamenti elettorali non bastano più le rinfrescate con simboli e personaggi.

Bisogna soprattutto esplorare le prospettive, dentro un quadro civile ed economico che si sta trasformando, con un’evoluzione complessiva radicalmente nuova e assolutamente complicata.

Un aforisma di Lev Tolstoj spiega a molti politici e ai molti dirigenti apicali questo sano principio: «Siedo sulla schiena di un uomo, soffocandolo, costringendolo a portarmi. E intanto cerco di convincere me e gli altri che sono pieno di compassione per lui e manifesto il desiderio di migliorare la sua sorte con ogni mezzo possibile. Tranne che scendere dalla sua schiena».
Giuseppe Marcuzzi

Siamo, è vero, nel bel mezzo, più che di una stagione di cambiamento, di un passaggio storico, e basterebbe guardare, appena oltre le nostre elezioni comunali, al referendum su Brexit. La società italiana non sfugge a questa realtà e a questa «evoluzione complessiva radicalmente nuova e assolutamente complicata», come scrive lei.

L’incertezza è tanta, molte variabili (a partire da quelle geopolitiche) sono fuori dalla nostra portata, non ci sono ricette facili, le trasformazioni (si pensi a come la sharing economy, l’economia condivisa, sta cambiando il mercato del lavoro) sono profonde e occorre averne piena consapevolezza.

Ma non credo che la «irritazione anti-partitica» (a proposito, bella la citazione di Tolstoj) possa essere la bussola per indicarci un futuro migliore. Lei parla di un Paese che «purtroppo vuole cambiare pelle» (arte, peraltro, in cui eccelliamo).

Se fosse (solo) così non andremmo però lontani e non è più nemmeno tempo di miracoli.
.@guidogentili1

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