L’evento Brexit si potrebbe presentare come una cosiddetta Mac (material adverse change clause), ovvero un fatto al cui verificarsi scatta in automatico la rescissione di contratto. Diverso è l’impatto Brexit: un calo eccessivo delle quotazioni o il peggioramento di un rating potrebbero essere motivo per spingere le parti a rivedere un accordo. In entrambi i casi, dunque, il risultato finale non cambia. Il Sole 24 Ore ha individuato le principali operazioni sul mercato italiano che, o perché annunciate o perché in corso, rischiano di dover fare i conti con l’effetto Brexit.
Gli effetti sulle banche
Sul fronte bancario spicca il caso UniCredit.L’esito del referendum inglese accelera la scelta del nuovo amministratore delegato, che a questo punto dovrà essere realizzata in tempi strettissimi, visto il terremoto in corso sui mercati. Sia Banca d’Italia che il Mef stanno monitorando da vicino il dossier e sono in pressing per una soluzione rapida che dovrà anche permettere di fare il punto sull’eventuale aumento di capitale. Ricapitalizzazione che a questo punto dovrà misurarsi con le condizioni dei mercati. Brexit non avrà invece conseguenze dirette sul salvataggio di Veneto Banca. Quaestio Sgr, che gestisce “Atlante”, ha ribadito ieri che anche in caso di uscita della Gran Bretagna dall’Ue il fondo sarebbe intervenuto come sub-garante dell’aumento da un miliardo. Nessun intoppo formale è previsto anche nella fusione tra Bpm e Banco Popolare, soprattutto ora che, proprio alla vigilia del referendum e quindi con saggio tempismo, la banca guidata da Pier Francesco Saviotti ha portato a casa l’aumento di capitale da un miliardo. Sullo sfondo resta il tema dell’andamento dei titoli bancari, che stanno subendo le conseguenze di una forte volatilità del settore. Sul concambio lo stesso ad del Banco, in un’intervista al Sole di ieri, ha ribadito che «non ci sono possibilità che venga cambiato».
In termini più generali potenziali conseguenze della Brexit potrebbero esserci sul tema dei non performing loans. La reazione di ieri è stata violenta e dovrà essere testata nei prossimi giorni. Ma qualcuno sottolinea come un calo di fiducia da parte degli investitori, come dimostrato anche dalla reazione del mercato bancario di ieri, possa frenare un già fragile mercato di compravendita dei crediti deteriorati. L’uscita del Regno Unito dall’Europa avrà conseguenze pratiche invece per diverse istituzioni finanziarie attive a Londra e per quelle estere presenti in Italia. Per gli istituti che operano da Londra, ci «potrebbe essere la necessità di attivare un piano B – spiega Massimiliano Danusso, managing partner della sede di Londra di BonelliErede – come ad esempio per gli istituti che offrono derivati. Si tratta di banche che a fronte della Brexit non potranno stipulare contratti senza essere autorizzate dalle autorità di vigilanza e quindi dovranno spostare i loro portafogli in una piazza finanziaria europea».
Da Rcs alle Ipo, i risvolti
Sul fronte più industriale i potenziali effetti di Brexit sono ancora da decifrare. Fca, per esempio, ha a Londra il suo cuore finanziario e in Gran Bretagna ha la sede fiscale. La residenza fiscale britannica si spiega con il trattamento più favorevole che possono avere, con la sede a Londra, gli investitori americani al momento del pagamento dei dividendi. Di recente Sergio Marchionne ha chiarito che avrebbe un impatto «industrialmente minimo» per Fca. Anche per il domicilio fiscale del gruppo, che si trova nel Regno Unito, «tecnicamente» non cambierà nulla, ha detto. Nessun impatto, complice l’accelerazione di pochi giorni fa, anche nel caso del passaggio da Italmobiliare a HeidelbergCement del controllo del gruppo Italcementi.
Le parti, infatti, lo scorso 21 giugno hanno definito gli ultimi dettagli per il perfezionamento della cessione rivedendo il vecchio accordo del 2015 con una intesa integrativa che non prevede clausole Mac. Tutto pronto, dunque, per un accordo che sarà perfezionato il primo luglio e vedrà Italmobiliare incassare un assegno di 1,67 miliardi, di cui una parte servirà per la sottoscrizione di una quota del 5,3% circa del capitale del gruppo tedesco. La Brexit, invece, potrebbe rimescolare le carte nella partita per Rcs. Entrambe le offerte presentate per il Corriere - l’Ops di Urbano Cairo e l'Opa della cordata capitanata da Andrea Bonomi - potrebbero perfino essere ritirate visto che la vittoria del referendum, nei rispettivi prospetti informativi, era citata come uno di quegli accadimenti che potrebbero mandare tutto all’aria.
I prospetti contengono infatti la cosiddetta clausola Mac che subordina l’efficacia dell’offerta al mancato verificarsi di una serie di accadimenti negativi. Eplicitando «ancorché non prevedibili, è possibile, in via meramente esemplificativa, includere, tra gli eventi attinenti al contesto politico o economico una crisi rilevante del credito o dei mercati finanziari anche in seguito all’eventuale uscita della Gran Bretagna dall'Unione Europea». Dunque, almeno sulla carta, entrambe le operazioni sono potenzialmente ritirabili. Infine, sul fronte Ipo, spicca Enav il cui destino sarà deciso a metà della prossima settimana.
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