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Piazza Affari in picchiata, ribasso record

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Piazza Affari in picchiata, ribasso record

  • –Vito Lops

Venerdì nero che più nero non c’è mai stato. Il Ftse Mib di Piazza Affari ha perso in una sola seduta il 12,48%. Non era mai accaduto prima d’ora. In passato la reazione dei mercati ad altri eventi shock - per certi versi paragonabili all’uscita di ieri della Gran Bretagna dall’Unione europea (Brexit) - era risultata nella performance secca di giornata meno traumatica. L’11 settembre 2001 - il giorno dell’attentato alle Torri Gemelle - il listino milanese aveva ceduto il 7,57%. Nell’autunno del 2008 - nel bel mezzo del credit crunch scatenato dal fallimento di Lehman Brothers - si annoverano diverse sedute al cardiopalma, la peggiore delle quali (6 ottobre) terminò con un -8,24%. Mai prima di ieri Piazza Affari aveva chiuso con un ribasso a doppia cifra. Il conteggio della capitalizzazione volatilizzata in una sola seduta è consistente: si è passati da un valore di 486 miliardi di euro a 439 miliardi, quindi 47 miliardi in meno.

C’è però da dire che se in termini assoluti è stata la peggiore di sempre, in termini relativi così non si può dire. Perché dai minimi toccati nel pomeriggio di giovedì 16 giugno (prima della tragica notizia dell’omicidio della deputata laburista Joe Cox ) fino a giovedì 23 dicembre (prima di conoscere l’esito del referendum) Piazza Affari era salita del 12%. In pratica ieri il listino si è rimangiato in un minuto il guadagno dell’ultima settimana.

Il settore più bersagliato è stato quello finanziario, con forti vendite su banche (-22%). L’Orso ha colpito in modo generalizzato il comparto con cali superiori al 20%. Dagli istituti considerati più solidi, come Intesa Sanpaolo a quelli che sono in attesa di un riassetto come Banco popolare e Bpm. Ha perso quasi un quarto del valore anche UniCredit, che ancora deve risolvere il nodo della scelta dell’ad.

Come mai nel giorno di Brexit la Borsa di Londra ha ceduto il 3,15% e quella milanese il 12,5%, penalizzata dalle banche? In primo luogo per il temuto effetto boomerang sui margini del credito. La Brexit spingerà le principali banche centrali a nuove manovre espansive (ieri la Bank of England ha immesso 250 miliardi di sterline). Queste manovre (che potrebbero vedere in campo anche la Bce) potrebbero portare a un’ulteriore contrazione dei tassi di mercato e del costo del denaro. Così i margini che le banche ricavano dall’attività tradizionale potrebbero subire un’altra battuta d’arresto. «Da inizio anno gli utili attesi delle società del Ftse Mib per fine 2016 sono già stati rivisti al ribasso del 15% - spiega Stefano Fabiani, responsabile gestioni patrimoniali di Zenit Sgr -. Non è escluso che con il Brexit vengano aggiornati ancora al ribasso. Con il crollo di ieri il Ftse Mib quota su un multiplo pari a 13 volte gli utili attesi, a fronte di una media di 14-15 volte nelle fase normali. Quanto alle banche, oggi quotano tra 0,2 e 0,4 il patrimonio netto tangibile, un multiplo storicamente molto basso rispetto a una media di 0,7-0,8. Il multiplo è quindi a sconto ma ciò non vuol dire che mi aspetto un recupero immediato (anche perché a fronte di multipli bassi corrispondono in molti casi Roe bassi o negativi che giustificano tali multipli, ndr). Le banche potranno tornare ai loro abituali multipli solo quando il quadro di contorno sarà migliorato». In pratica quando le banche centrali torneranno ad alzare i tassi. Così facendo potranno crescere anche i margini degli istituti di credito.

C’è poi un altro motivo che pone il settore sotto pressione. In questo momento, dato che il mercato valutario e obbligazionario sono in parte protetti dalle banche centrali, la classe di investimento più esposta ad attacchi speculativi è l’azionario, con il bancario - considerato il primo specchio della tenuta economica di un Paese - in prima fila. Ecco perché ieri mentre BTp e Bonos hanno tutto sommato tenuto, le Borse peggiori sono state Madrid, Milano. Ed Atene.

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