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Dossier Una Londra più povera e la rinascita delle destre

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Dossier | N. (none) articoliReferendum su Brexit

Una Londra più povera e la rinascita delle destre

Il giorno dopo il voto della Brexit mi è capitato di scrivere che le conseguenze economiche dell'uscita saranno pesanti, ma non tanto quanto qualcuno sostiene. Nel lungo periodo, invece, penso che saranno pesanti per molte persone, probabilmente la maggioranza della popolazione britannica. Saranno pesanti per una più ampia maggioranza della popolazione di quello che resta della Ue. C'è una ragione perché considero che più commerci, commerci più liberi, sono una cosa buona. Rendono le economie più efficienti, ingrandiscono la torta. Non significa necessariamente che tutti ottengono una fetta più grande della torta, anzi, è più che possibile che una parte sostanziale della Gran Bretagna sia andata a star peggio, specialmente al di fuori di Londra. Complessivamente la Gran Bretagna sarà più povera. L'Europa sarà più povera.

Le conseguenze politiche saranno molto più serie. Da tutti i punti di vista, il voto per l'uscita è una sconfitta enorme. In Gran Bretagna, i due partiti più importanti sono sottosopra e le persone che hanno prenso il potere finiranno per essere più o meno la versione inglese di Donald Trump: gente che rifiuta l'Europa non perché ha ragionato sulla questione e ritiene che non ci sono solo vantaggi, o che l'Europa si è allargata troppo, o cose simili, ma perché non amano gli stranieri, non amano persone che hanno un aspetto diverso da loro, che parlano una lingua diversa da loro. Insomma, a uscirne rafforzati saranno gli elementi peggiori.

E all'interno del resto dell'Europa, ci sono moltissimi movimenti del genere. La destra nazionalista in Francia, i personaggi inquietanti che sono arrivati a un soffio dal conquistare la presidenza in Austria. Ci sono tantissimi di questi movimenti, e tutto ciò li rende più forti e al tempo stesso azzoppa qualsiasi sforzo comune dell'Europa per migliorare le cose. Insomma, è un colpo terribile per la classe dirigente europea, che non sarebbe così negativo se ci fosse un'alternativa ragionevole: ma non c'è. Il segretario di Stato americano, John Kerry, recentemente ha lasciato intendere che la Gran Bretagna potrebbe fare marcia indietro. Io credo che sarà molto difficile invertire il processo. La mia opinione è che alla fine usciranno in un modo che sarà quasi come non uscire. È quella che viene chiamata la «soluzione norvegese».

E se probabilmente qualche città inglese potrebbe guadagnare da questo voto, di sicuro gli estremisti di destra sul continente europeo festeggiano. Per i sostenitori di Jobbik in Ungheria, o quelli del Partito dei veri finlandesi in Finlandia, o di uno dei tanti partiti simili che stanno spuntando dappertutto, tutto questo è molto positivo.
La lezione principale di questo voto è che nel lungo periodo non funziona cercare di fare politiche (anche politiche giuste) facendole ingoiare ai cittadini e dicendo loro che «le persone che ne sanno più di voi dicono che questo è quello che bisogna fare». Bisogna spiegare, bisogna argomentare. Bisogna farlo nel modo più trasparente possibile. Gli elettori possono sbagliarsi – secondo me in questo caso gli elettori britannici si sono sbagliati – ma limitarsi a fargli la lezioncina, dirgli, di fatto, «siete degli stupidi», non è un modo lungimirante per far passare certe politiche. È il prezzo del disprezzo: c'era troppo disprezzo per i cittadini comuni tra le persone che governano l'Unione Europea, e in una certa misura anche la Gran Bretagna. Ora ne stanno pagando lo scotto.

L'articolo è uno stralcio della conversazione tra Paul Krugman e la giornalista Susan Lehman del New York Times (Traduzione di Fabio Galimberti)

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