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Dossier | N. (none) articoliSpeciale America al voto

Clinton favorita, Trump cerca il sorpasso. Code ai seggi negli Stati in bilico

I primi seggi per le drammatiche elezioni del 2016 in America si sono aperti a mezzogiorno ora italiana in una giornata bellissima, piena di sole, addirittura 18 gradi a New York, inusuale per novembre. Lo stesso vale per il resto del paese a parte un po' di pioggia nella regione dei grandi laghi. Il bel tempo potrebbe favorire una forte affluenza alle urne per i 145 milioni di americani registrati al voto (di questi circa 35 milioni hanno già votato). A questo punto la scelta fra Hillary Clinton e Donald Trump per la guida del paese spetta finalmente al popolo americano, esausto dopo due anni di corsa elettorale.

A CHE ORA CHIUDONO I SEGGI

Nessuno può immaginare anticipazioni sugli exit polls visto che le urne chiuderanno nella notte italiana, ma dopo l'ultima giornata di campagna, intensa, le probabilità calcolate da una media dei sondaggi pre-elettorali vedono Hillary in testa. Questo naturalmente non significa nulla, abbiamo visto quanto volatile e imprevedibile sia il voto. Dopo una corsa forsennata dei due candidati fra cinque stati chiave Donald Trump mantiene le sue posizioni. Il magnate dell’immobiliare ha chiuso la campagna in Michigan circondato dalla sua famiglia e Hillary Clinton a Filadelfia per il comizio più affollato di tutta la sua corsa elettorale (e con il bonus di Bruce Springsteen a cantare). Ma l'ultima giornata è stata intensa e importante, centrale per muovere il voto in Nord Carolina e in Florida dove il testa a testa è feroce, in Carolina del Sud dove Trump è in leggero vantaggio e in Michigan dove Hillary è in testa ma Donald è convinto di farcela. E dunque vediamo come è andata questa giornata in cui Hillary ha cercato di portare un messaggio positivo mentre Trump dava un quadro pessimistico.

LA MEDIA DEI SONDAGGI DEGLI ULTIMI 30 GIORNI
Valori % (Fonte: RealClearPolitics)

«Crooked Hillary», «Hillary corrotta». «Queste sono elezioni truccate». «Vi imploro, che sia il popolo americano a fare giustizia che sia il nostro movimento a decidere contro i traditori». Donald Trump ha parlato, anzi urlato a Grand Rapids, in Michigan, grande centro per la manifattura di mobili. Ha urlato contro l'Fbi che ha di nuovo ribaltato il tavolo di queste elezioni domenica, a 48 ore dalle elezioni, scagionando Hillary Clinton da un nuovo possibile scandalo email. Per Trump il Michigan è stata l'ultima tappa della sua campagna elettorale dopo una giornata in Florida, Carolina del Nord, Pennsylvania persino in New Hampshire.

Poi, l'altra campana: «Non possiamo consentire che un uomo impreparato, pericoloso arrivi alla Casa Bianca». «Pensate a Hillary, alla sua esperienza, alla prima donna che conquisterà la Casa Bianca, pensate alla Storia». «Hope, la speranza è una costante, penso a domani e vi dico Yes We Can». Era Barack Obama, anche lui in Michigan, a Ann Arbor, ma ieri ha fatto campagna in tre stati, in New Hampshire e in Pennsylvania. Anche Hillary è andata in Michigan, ad Allendale e poi a Raleigh in Carolina del Nord e ben due volte in Pennsylvania, l'ultima per il gran finale con Barack e Michelle Obama e con Bill e con sua figlia Chelsea, tutti insieme sul palco insieme a Bruce Springsteen. Questo per dire che la cacofonia dello slogan, la tecnica del rumore, dell'aggressione verbale, dell'ululato della folla ci ha inseguito fino all'ultimo in queste elezioni. (Qui sotto la composizione della Camera dei rappresentanti secondo gli ultimi sondaggi di RealClearPolitics).

Ma è nella tappa del Michigan, simbolo del settore manifatturiero a rischio per la concorrenza straniera, che si riassume la lotta finale fra i due. Con il suo appello accorato ai lavoratori che producono mobili a Grand Rapids, Trump promette protezionismo per difendere un settore che «ha perso 5 milioni posti di lavoro». Ma è Obama che vince. Perché la sua non è una promessa, è un risultato: «Il nostro intervento per il settore dell'auto ha salvato due milioni di posti di lavoro in America». Lo stesso ha fatto Hillary. E la fotografia del confronto a distanza in questo stato chiave dove Hillary è comodamente avanti ci da la prospettiva dell'ultimo giorno: due a uno, anzi molti, Hillary e compagni con Biden, con Tim Kaine, contro due Trump e il suo vice. Una cacofonia elettorale rumorosa, aggressiva, una costante che è arrivata e sparita in questi due anni in nuvole di polvere sollevate dagli autobus, dalle scorte, dalle vetture al seguito degli altoparlanti, bruciando centinaia di milioni di dollari. (Qui sotto la composizione del Senato secondo gli ultimi sondaggi di RealClearPolitics).

Poi il silenzio. In serata, improvvisamente è finita. Il sipario è finalmente calato su queste drammatiche, lunghissime, pirotecniche elezioni americane. Elezioni storiche: alle urne questa mattina gli americani sanno che non dovranno solo ascoltare la lusinga di una promessa, di una semplice scelta per meno tasse e meno stato o viceversa. Ci sarà piuttosto, come abbiamo ripetuto più volte, una scelta di fondo fra due modi di essere della democrazia, quella di Hillary per la continuità e l'internazionalismo contro quella di Trump per il confronto populista e l'isolazionismo.

Ora non resta che l'attesa. Avranno davvero ragione i sondaggisti, i mercati, gli allibratori che scommettono su una vittoria di Hillary Clinton con percentuali ora del 71,6% per Hillary contro il 28,4% per Trump? O «The Donald» ha ancora qualche margine per potercela fare? «Non è finita fino a quando non è finita» diceva il campione di baseball Yogi Berra. Brexit insegna. Ma per composizione demografica, per profondità e per durata queste elezioni non sono Brexit. Il voto ispano-americano giocherà un ruolo centrale a favore dei democratici. Nessuno vuole testimoniare la deportazione di 12 milioni di fratelli, cugini, figli, parenti. Il voto afroamericano è debole, ma resta schierato in campo democratico e l'intervento a tappeto di Obama ha avuto il suo effetto.

Con questa mattina Hillary Clinton avrebbe anche il numero di voti elettorali “certi” sufficiente a superare il fatidico livello di 270 voti elettorali per vincere la Casa Bianca. In Irlanda gli allibratori hanno già cominciato a pagare per ridurre l'esposizione di 1 a 5 (4 a 1 per Trump). Quel che più conta è che da ieri anche il mercato ha chiuso la serie negativa peggiore dal 1980 per buttarsi su Hillary: dopo l'ennesima contorsione dell'FBI il Dow Jones ha fatto un balzo del 2 per cento. Hillary dunque; Hillary, la prima donna alla Casa Bianca. Dovrebbe farcela e diventare il 45esimo Presidente degli Stati Uniti d'America, ma solo il verdetto ufficiale lo potrà confermare.

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