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Il senso industriale, i rischi dello scontro

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Il senso industriale, i rischi dello scontro

Media e tlc. Da una parte i contenuti, pregiati, che possono spingere gli utenti a mettere mano al portafogli. Dall'altra parte i distributori, detentori di quelle reti che si vorrebbero fare superveloci (anche in Italia) ma che possono avere un senso solo se percorse da quei contenuti pregiati e da quei servizi. Se c'è un senso industriale nella partita che vede contrapporsi Mediaset e Vivendi, va senz'altro trovato in questo binomio.

Se c'è un rischio in tutta questa partita, è che i due litiganti perdano di vista l'obiettivo o gli obiettivi abbandonandosi invece a uno scontro con conta dei danni indigesta per tutti. Per Mediaset che ha necessità di raggiungere una scala internazionale che ora, Spagna a parte, non ha. Per Vivendi che ha sinergie importanti da far valere, essendo un produttore di contenuti, ma anche in qualità di primo azionista di Telecom. E comunque, va ricordato, che mentre in terra italica si combatte, altrove, sull'altare di quella convergenza fra media e tlc, matrimoni sono già stati celebrati e altri se ne preparano, in nome di un riassetto globale.

In Usa, solo per citare l'ultimo caso in ordine di tempo, autorità permettendo si prepara una maxi fusione fra AT&T e Time Warner: un matrimonio miliardario che unirebbe la maggiore società di telecomunicazioni americana per capitalizzazione di mercato con un gigante dei media, cui fanno capo Hbo, Cnn e lo studio Warner Bros.

E mai come in questo frangente, numeri e casistica servono per capire la partita che su scala mondiale si sta giocando. In Usa, Regno Unito e Spagna il 100% degli abbonati a servizi di pay-tv sono abbonati di operatori che praticano il cosiddetto triple-play o quad-play (offerte integrate). In Uk l'ingresso di BT nella pay-tv è stato la naturale risposta all'ingresso di Sky nel mercato delle Tlc. In Spagna, dopo l'acquisizione da parte di Telefonica di Digital + e l'acquisizione di Ono da parte di Vodafone, l'intero mercato della pay-Tv è in mano a operatori di Tlc. Il processo è avanzato anche in Francia e Germania ma non è mai decollato in Italia che pure è stato il primo mercato a ospitare tale integrazione (basti pensare all'esperienza pionieristica di Fastweb). «Non c'è dubbio che anche in Italia lo sviluppo del mercato della banda larga e ultralarga andrà nella stessa direzione e la competizione crescente fra gli operatori di telecomunicazione spingerà questi a investire in qualche modo nel mercato della pay tv», spiega Emilio Pucci, direttore e-Media Institute.

Del resto, questa integrazione fra media e tlc impatta positivamente su alcuni indicatori importanti del business delle telco: incrementa l'Arpu (il ricavo medio), riduce i costi di acquisizione degli utenti e soprattutto il churn rate (tasso di disdetta degli abbonamenti). La customer base risulta più stabile perché fruisce di servizi integrati a valore aggiunto. In questo quadro, non vanno però dimenticate la creazioni di media company di dimensioni globali e processi come il consolidamento in casa Murdoch, con 21st Century Fox che vuole far sua tutta la Sky paneuropea che passa da Uk, Irlanda, Germania, Austria e Italia.

A luglio, quando lo scontro fra Mediaset e Vivendi venne reso palese da una battaglia a base di comunicati (prima) e legale (poi), fu lo stesso gruppo di Cologno a rendere note le “nuove” mire del colosso francese: acquisire non più la totalità di Premium, ma il 20% della piattaforma pay di casa Mediaset, puntando al 15% dell'intero Gruppo di Cologno. È stato ed è ancora muro contro muro. Nel frattempo Vivendì è salita al 12,32%. Non lontana dal 15% indicato a luglio. Alla fine, visti anche i rialzi del titolo Mediaset in Borsa, la cifra che il gruppo presieduto da Vincent Bolloré dovrebbe sborsare per salire a quella quota potrebbe non essere molto distante da quella necessaria in estate.

Telecom, di cui Vivendi è primo azionista, è intanto ritenuta fuori dalla partita. Allo stesso tempo dalla Francia sono rimbalzate le voci su un interesse di Orange per Canal +. E non si tratta solo di rumors visto che il ceo di Orange, Stéphane Richard, lo ha detto che se Canal + (la pay in perdita del gruppo Vivendi) fosse in vendita interesserebbe. Viene da chiedersi: come si concilia la vendita della pay tv con il progetto di piattaforma “paneuropea” dei contenuti che Vivendi vuole creare? C'è chi ritiene che liberarsi dell'attività in perdita per Bollorè possa significare concentrarsi su Mediaset, che vale ancora il 56% del mercato pubblicitario tv in Italia e ha uno sbocco (redditizio) in Spagna. C'è poi chi, d'altronde, vede la possibilità che in un mosaico, difficile da comporre ma non impossibile in teoria, possano trovare spazio i contenuti (Vivendi e Mediaset) e le reti (Orange e Telecom). Oltreoceano la convergenza non aspetta. E va avanti spedita. Incagliata in una lotta all'ultimo respiro, l'Italia anche stavolta ha tutto da perdere.

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