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Rischio proporzionale per la legge di bilancio

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L'Analisi|OSSERVATORIO - LA POLITICA IN NUMERI

Rischio proporzionale per la legge di bilancio

Le date del congresso del Pd, fissate giovedì, sembrano escludere la possibilità che si voti a giugno. Il buon senso consiglia che non si voti a settembre. Come abbiamo già scritto, fare le elezioni prima della presentazione della legge di bilancio è un grosso rischio.
Così come stanno le cose, è assai probabile che l’esito del voto renda molto complicata la formazione di un nuovo governo. Ci vorranno settimane di trattative difficili prima di mettere insieme una maggioranza. Nel frattempo chi farà la legge di bilancio? E che faranno i mercati in una situazione di grande incertezza? Oggi il voto a febbraio o marzo 2018 sembra lo scenario più probabile. Resta da vedere come ci si arriva.

In questo scenario sarà questo governo a dover far approvare una legge di bilancio da circa 20 miliardi di euro. Domanda: l’esecutivo ha ancora una maggioranza dopo la scissione del Pd? Alla Camera sì. Ma al Senato la situazione è incerta. Non è ancora del tutto chiaro se gli scissionisti riusciranno a fare un gruppo parlamentare. Ma che ci riescano o no, i loro voti sono necessari non solo per la sopravvivenza del governo, ma anche per la sua capacità di decidere. A meno di non ipotizzare altre defezioni nel campo del centrodestra o in quello pentastellato, i senatori scissionisti, ora diventati Democratici e progressisti, possono condizionare pesantemente le scelte dell’esecutivo, sia in aula che soprattutto in alcune commissioni. Dalle loro dichiarazioni pare di capire che non abbiano intenzione di mettere in difficoltà Gentiloni. In fondo la scissione del Pd è avvenuta anche sulla data delle elezioni e quindi sulla durata dell’attuale governo. È una posizione comprensibile visto che hanno bisogno di tempo per organizzarsi. Il voto a giugno li metterebbe in gravi difficoltà. Ma una volta superato questo scoglio, a partire quindi da settembre, come si comporteranno in parlamento? Si considereranno ancora parte della maggioranza o agiranno come un attore esterno disponibile a trattare solo su singoli punti e alle loro condizioni? In quest’ultimo caso il governo Gentiloni sarebbe ridotto allo status di governo di minoranza. Forse lo è già. Ma a settembre la cosa sarebbe pienamente visibile.

E qui torniamo al problema della legge di bilancio. È probabile che l’attuale governo dovrà cercare di farla approvare cercandosi i voti di qua e di là sotto la spada di Damocle di elezioni incipienti. A quel punto il comportamento degli scissionisti sarà determinante. Avranno bisogno di alzare la voce per cercarsi un consenso elettorale a sinistra che ancora non hanno. Ne va della loro sopravvivenza. Con una soglia di sbarramento del 3% alla Camera e la concorrenza di altre liste di sinistra devono trovare il modo di convincere i loro potenziali elettori che la scissione ha una giustificazione programmatica. Non possono limitarsi ad approvare una legge di bilancio che non dia un segnale di cambiamento rispetto al passato e in direzione di quello che considerano le loro priorità. Cosa succederebbe se chiedessero una qualche forma di patrimoniale o la reintroduzione della tassa sulla prima casa? Ma se anche si limitassero a richieste meno radicali non sarà facile per il governo confezionare una legge di bilancio già di per sé molto impegnativa tenendo conto anche delle esigenze di visibilità e di incisività dei Democratici e progressisti.

C’è poco da fare. La scissione del Pd ha complicato un quadro politico già molto precario. Sono gli effetti del ritorno al proporzionale. Che si voti a settembre o no la legge di bilancio è a rischio. Se si va alle urne non si sa quale governo la farà e come. Se non si va alle urne la farà il governo Gentiloni, ma sarà un governo di minoranza alle prese con le richieste di partiti vecchi e nuovi preoccupati del responso delle urne e quindi poco malleabili. In un caso o nell’altro un bel rebus da risolvere.

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