Pene più severe, fino a 18 anni di carcere. Arresti in flagranza non più così impossibili come in passato. Più sospensioni cautelari della patente. Inibizione assoluta alla guida fino a 30 anni. Sono le conseguenze che ora colpiscono i responsabili di incidenti mortali o con feriti gravi o gravissimi (accaduti dal 25 marzo scorso), se si accerta che guidavano sotto l'effetto di alcol o droga o che hanno causato il sinistro con una manovra di quelle che il legislatore ha ora voluto considerare particolarmente gravi.
La legge sull'omicidio stradale (la 41/2016), in sintesi, è tutta qui. Lo scopo è quello di assicurare una punizione effettiva (e tangibile anche da parte dell'opinione pubblica) a chi finora spesso se la cavava con pochi mesi o addirittura giorni di carcere (ammesso che finisse davvero in cella) e dopo un massimo di tre anni poteva rimettersi alla guida.
Finora, per superare questi problemi, si era fondamentalmente cercato di arrivare a configurare il dolo eventuale. Cioè un'elaborazione della giurisprudenza che riconosce l'esistenza di un dolo (e quindi comporta l'applicazione delle pene più pesanti in assoluto, quelle per omicidio volontario) anche quando manca la volontà diretta di uccidere una persona, ma si agisce comunque con la precisa consapevolezza che adottando un certo comportamento c'è un significativo rischio di causare la morte di qualcuno e si accetta quest'eventualità nonostante la gravità delle sue conseguenze.
L'applicazione pratica del dolo eventuale si è sempre infranta contro la giurisprudenza della Cassazione, che finora ha sempre annullato le condanne per omicidio volontario in caso di incidente stradale (anche se la Procura di Trento, nella sua circolare 5/2016, ricorda che anche con la nuova legge è sempre possibile ipotizzare il dolo eventuale, se ce ne sono gli estremi). Così si è sempre rimasti nell'ambito dell'omicidio colposo e il legislatore ha introdotto una versione aggravata di questo reato (riservata a chi viola le regole della circolazione stradale o quelle sulla sicurezza sul lavoro), con pene più alte (da due a sette anni) ma in molti casi ancora insufficienti a evitare una sostanziale impunità, perché abbattibili grazie a una serie di benefici previsti dal sistema penale italiano (legati per esempio al tipo di rito, alla buona condotta, ai limiti in cui si può fruire della condizionale, si veda nel dettaglio, pagina 6 di questa guida). Di qui l'ulteriore giro di vite, con l'introduzione dell'omicidio stradale, che resta comunque un reato colposo e con pene uguali alle precedenti per i casi non aggravati.
Gli inasprimenti, con minimi edittali (cioè teorici) a partire dai cinque anni e massimi fino a 18 anni, sono previsti in caso di:
guida in stato di ebbrezza con tasso alcolemico superiore superiore a 0,8 grammi/litro;
guida sotto l'effetto di droghe;
velocità in centro urbano pari o superiore al doppio del limite, sempreché l'andatura accertata sia di almeno 70 km/h;
velocità fuori dai centri urbani che eccede di almeno 50 km/h il limite;
passaggio col semaforo rosso;
contromano;
inversione di marcia in prossimità o in corrispondenza di incroci, curve o dossi;
sorpasso in corrispondenza di strisce pedonali;
sorpasso con striscia continua.
Il ministero dell'Interno, con la circolare 300/A/2251/16/124/68 del 25 marzo, ha dato qualche precisazione su quando si deve ritenere che si sia in presenza di queste infrazioni e su come provarle (si vedano le schede a destra). In generale, come accade da sempre nella prassi, può essere utile ogni elemento di prova, anche quelli che non sono sufficienti a sanzionare un'infrazione durante un controllo su strada. Per esempio, alla velocità tenuta da chi è coinvolto in un incidente si può risalire almeno approssimativamente per ricostruire le responsabilità, ma, se risulta alta, difficilmente il responsabile potrà essere anche multato per eccesso di velocità, cosa che per resistere al contenzioso richiederebbe una misurazione precisa effettuata da uno strumento “omologato” (autovelox, tutor, eccetera).
Per garantire un trattamento equo a tutti, la legge 41/2016 prevede una graduazione di casi e sottocasi, molte aggravanti e qualche attenuante. Ma non è detto che si riesca effettivamente a distinguere sempre tra il conducente realmente sconsiderato e quello che ha avuto la sfortuna di causare un incidente per un errore o una distrazione che possono capitare a chiunque.
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