Non ha natura penale la sanzione inflitta in via accessoria della revoca della patente di guida. Lo stabilisce la Corte di cassazione con la sentenza n. 23171 della Quarta sezione penale depositata ieri. Una presa di posizione netta a fronte di una questione sollevata ricorrentemente. Per esempio, in questo caso, dal difensore di un automobilista che si era visto punire, dopo patteggiamento, per il reato di guida in stato di ebbrezza; in aggiunta era stata prevista anche la revoca della patente. La difesa aveva impugnato la pronuncia del tribunale solo su quest’ultimo punto, sostenendo, tra l’altro, che si tratterebbe di una misura sostanzialmente penale, la cui applicazione obbligatoria esclude una valutazione del caso concreto e si risolve in una presunzione di pericolosità in contrasto con i principi di colpevolezza, ragionevolezza e proporzionalità della pena. Di qui la decisione di sollevare questione di legittimità costituzionale.
Richiesta respinta. Per la difesa la natura penale della revoca si fonda sul fatto che è applicata sul presupposto della commissione di un reato a conclusione di un procedimento penale, ed è inflitta contestualmente alla condanna penale. Tesi però che, per la Cassazione, è frutto di un’applicazione acritica del diritto convenzionale europeo. La Corte di Strasburgo infatti ha elaborato un concetto sostanzialistico di materia penale che con l’obiettivo sì di estendere l’applicazione del divieto di bis in idem, ma senza avere come risultato l’attribuzione di un potere in grado di annullare le differenze tra le nozioni europea e interna di sanzione penale.
Non è possibile affermare allora che per effetto della sentenza della Corte dei diritti dell’uomo Grande Stevens siamo ormai di fronte a un principio di tendenziale equiparazione della sanzione amministrativa a quella penale, scardinando principi come la riserva di legge in materia penale e la presunzione di non colpevolezza.
Serve invece un’attenta considerazione del caso concreto. E allora «la previsione di una sanzione amministrativa irrogata all’esito di un giudizio penale, ancorché definito ai sensi dell’articolo 444 del Codice di procedura penale, con riguardo alla pena principale, vanifica la stessa preoccupazione, rinvenibile in alcune enunciazioni teoriche della giurisprudenza Cedu, di una configurazione amministrativa dell’illecito al fine precipuo,se non esclusivo, di eludere le garanzie proprie del processo penale».
L’esistenza di caratteristiche comuni, non ha come conseguenza diretta l’assimilizaione della sanzione amministrativa a quella penale. Nel caso specifico poi, sottolinea la Cassazione, la guida in stato di ebbrezza, va tenuta presente la progressione nell’offensività delle condotte. Si passa infatti dall’area delle sanzioni amministrative a quella della rilevanza penale, passando da un’ipotesi di reato all’altra, punita in maniera più severa, attraverso la previsione di diverse soglie di rilevanza all’interno della medesima fattispecie.
E ancora, ricorda la sentenza, l’introduzione della nuova causa di non punibilità per tenuità del fatto rende poi difficile attribuire i crismi di irragionevolezza all’obbligatorietà della revoca nei casi più gravi. L’obbligatorietà della sanzione amministrativa allora rientra tra le scelte legislative che non possono essere sindacate sotto il profilo dell’irragionevolezza.
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