Mai vendere un’auto usata nascondendo all’acquirente che ha avuto un incidente: si rischia di essere condannati a un risarcimento, anche se la riparazione era stata fatta a regola d’arte. E non bisogna confidare nel fatto che in questo modo la differenza di valore rispetto a un esemplare integro è limitata: si può anche trovare un acquirente disposto a ricorrere al giudice anche per somme nell’ordine di duemila euro, mentre normalmente si ritiene che per un’auto sia raro fare causa perché la complicazione e le lungaggini della giustizia civile italiana si aggiungono alla necessità di affidarsi a perizie tecniche non di rado costose e di esito incerto.
Questa è la morale che si può trarre da una controversia in cui erano stati chiesti dal ricorrente 2.500 euro di risarcimento e ne sono stati riconosciuti 1.500. Cifre relativamente basse, ma ciò non ha impedito che il giudizio si protraesse fino in Cassazione, dove le spese liquidate dalla Corte sono state di 2.200 euro.
La sentenza che ne è scaturita (la 16886/2017, depositata ieri) ha peraltro stabilito che il ricorso per cassazione era inammissibile per motivi procedurali. Così resta valida la sentenza d’appello, che il Tribunale di Nola aveva emesso nel 2013 riconoscendo che il ricorrente aveva ragione, contrariamente a quanto aveva stabilito in primo grado il giudice di pace.
La vicenda, accaduta nell’hinterland napoletano, riguarda un’auto che il venditore aveva dichiarato essere «praticamente nuova», mentre invece in passato era stata coinvolta in un incidente (non si precisa di quale entità), dopo il quale era stata riparata. La perizia del consulente tecnico d’ufficio ha stabilito non solo che c’era stato il danno, ma anche che il carrozziere avera operato a regola d’arte e quindi «il veicolo non presentava difetti in ordine alla sua funzionalità».
Secondo il Tribunale, l’elemento rilevante sta nella dichiarazione del venditore e non nella qualità della riparazione. Infatti, «l’acquirente non avrebbe certamente contratto alle condizioni pattuite in caso di conoscenza dell’avvenuto sinistro». E nei contratti il Codice civile (articoli 1175 e 1366) impone la buona fede, sia nell’agire delle parti sia nell’interpretazione.
Una conclusione che non coincide con la prassi largamente usata sul mercato, dove una riparazione effettuata a regola d’arte non incide sulla quotazione di un’auto. Infatti, i parametri che normalmente influiscono sono - oltre al tipo di modello e all’anno di immatricolazione - le condizioni generali di usura, la percorrenza chilometrica, la presenza o assenza di determinati accessori qualificanti e il fatto che il venditore sia un privato o un commerciante di veicoli.
© Riproduzione riservata