Quando si riceve una cartella di pagamento relativa a un’infrazione stradale di cui non si conosceva l’esistenza perché il verbale non era stato notificato, si può presentare ricorso contro la cartella per far valere questo vizio, ma occorre farlo entro soli 30 giorni. È la conclusione cui giungono le Sezioni unite della Corte di cassazione su una fattispecie complessa e non rara, su cui la giurisprudenza della stessa Corte si era spaccata, complici anche alcune modifiche delle non poche norme applicabili sulla questione. E infatti la sentenza che arriva a questa conclusione (la 22080/2017, depositata ieri) riempie ben 28 pagine, tra analisi e precisazioni su norme e giurisprudenza.
Il punto cruciale della questione sta nella norma procedurale applicabile all’opposizione alla cartella. Se fosse da seguire la normale procedura dei ricorsi contro le sanzioni amministrative (come ha ritenuto finora laTerza sezione civile della Cassazione, per esempio nella sentenza 16282/2016), tale norma sarebbe l’articolo 23 della legge 689/1981 (attualmente sostituito dall’articolo 7 del Dlgs 150/2011), ci sarebbero solo 30 giorni di tempo, a partire dalla notifica della cartella (si «recupera» così il diritto alla difesa che era stato perso con la mancata notifica del verbale, anche se è precluso un esame del merito della sanzione perché si può solo far rilevare che non si era stati messi legalmente a conoscenza dell’atto). Se, invece, si riconoscesse (come finora ha fatto la Seconda sezione civile, per esempio con la sentenza 14125/2016) che il titolo esecutivo della pretesa dell’amministrazione fosse inesistente, andrebbe esperita un’opposizione all’esecuzione, regolata dall’articolo 615 del Codice di procedura civile, che non pone alcun limite di tempo.
Le Sezioni unite escludono che si possa parlare di inesistenza del verbale: in sintesi, l’articolo 203 del Codice della strada (che secondo i giudici è la norma fondamentale da cui partire) riconosce a questo atto una natura peculiare (in deroga all’articolo 17 della legge 689/1981), facendolo diventare titolo esecutivo sufficiente ad attivare la riscossione coattiva in tutti i casi in cui il verbale non venga impugnato davanti al prefetto (se si fa ricorso al giudice di pace, se ne può al massimo chiedere una sospensione) oppure non venga pagato.
Dunque, la mancata notifica non comporta che il verbale-titolo cessi di esistere, ma fa solo estinguere il diritto dell’amministrazione a riscuotere. Secondo le Sezioni unite, per far dichiarare tale cessazione, è possibile solo opporsi al verbale stesso, perché né il Codice della strada né il Dlgs 150/2011 prevedono rimedi differenziati secondo il vizio di forma dell’atto. E non importa se il titolo in questo caso è stragiudiziale ma viene così trattato come un titolo giudiziale, perché il Codice della strada pone l’amministrazione creditrice in posizione privilegiata rispetto al debitore (cosa giustificata dal fatto che tutto nasce da un illecito commesso da quest’ultimo).
Le Sezioni unite concludono precisando che l’inapplicabilità dell’articolo 615 del Codice di procedura civile non è assoluta: vi si può ricorrere nel caso particolare in cui il diritto a riscuotere si estingue per fatti che avvengono dopo l’accertamento definitivo (per esempio, perché nel frattempo scatta la prescrizione prevista dall’articolo 209 del Codice della strada).
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