Il Nobel a Thaler è un buon segnale sulla via che ci porta oltre l’homo oeconomicus (l’individuo razionale e massimizzante la cui soddisfazione dipende unicamente dalla crescita dei propri consumi o dotazioni di reddito/ricchezza).
È un buon segnale perché l’economia dell’homo oeconomicus è come la fisica prima della scoperta dell’elettrone. Come ricorda Christoph Engel nel suo lavoro che raccoglie i dati di numerosi esperimenti sul dictator game e più di 100mila osservazioni solo un terzo degli osservati si comporta come l’homo oeconomicus. Una percentuale in realtà sovradimensionata perché gli esperimenti sono realizzati in condizioni di anonimato (massima distanza sociale possibile) mentre la riduzione della distanza sociale aumenta i comportamenti pro-sociali degli individui. È dunque singolare che un paradigma superato nella ricerca di economia comportamentale (ma ancora insegnato nelle Università agli studenti), si fonda sul comportamento di un’assoluta minoranza di individui. Ma c’è di peggio. Come ricorda il nobel Amartya Sen l’homo oeconomicus è un “rational fool”, ovvero usa un modello di razionalità individuale che è inferiore alla “razionalità sociale” basata su fiducia e cooperazione. Come insegnano i dilemmi sociali in teoria dei giochi la vita è un incontro tra persone in condizioni di asimmetria informativa in un’area grigia non coperta da protezioni legali. Dove la logica dell’homo oeconomicus porta alla sterilità, non crea fiducia e meritevolezza di fiducia generando un risultato subottimale sia dal punto di vista individuale che da quello della creazione di valore economico aggregato.
L’economia comportamentale ha scoperto alcune “particelle” fondamentali che ci consentono di risolvere i dilemmi sociali generando superadditività e valore economico. Le virtù fondamentali che le persone possiedono in dosi diverse e vanno coltivate sono la reciprocità, lo scambio di doni (gift exchange tema di un altro Nobel per l’Economia George Akerlof), la fiducia e la meritevolezza di fiducia. Queste ultime due costituiscono parte fondamentale del capitale sociale, la risorsa più preziosa per lo sviluppo sociale ed economico, la vera sorgente della ricchezza delle regioni e delle nazioni. Hume sintetizzava questi principi con un magistrale aforisma « Il tuo grano è maturo, oggi, il mio lo sarà domani. Sarebbe utile per entrambi se oggi io... lavorassi per te e tu domani dessi una mano a me. Ma io non provo nessun particolare sentimento di benevolenza nei tuoi confronti e so che neppure tu lo provi per me. Perciò io oggi non lavorerò per te perché non ho alcuna garanzia che domani tu mostrerai gratitudine nei miei confronti. Così ti lascio lavorare da solo oggi e tu ti comporterai allo stesso modo domani. Ma il maltempo sopravviene e così entrambi finiamo per perdere i nostri raccolti per mancanza di fiducia reciproca e di una garanzia.» (Trattato sulla natura umana, 1740, libro III).” L’Italia (e soprattutto lo sviluppo agricolo dei propri territori) sono un laboratorio eccezionale per la verifica della validità di questo aforisma. Ci sono alcune regioni dove gli agricoltori hanno superato la paralisi della fiducia e la logica dell’homo oeconomicus, hanno imparato a cooperare superando le diffidenze creando organizzazioni che hanno aumentato il loro potere contrattuale nei confronti dei grossisti consentendo loro di risalire la catena del valore (un esempio dei più interessanti è Melinda in Trentino). In altre regioni il massimo risultato sociale è organizzare incontri per far conoscere proprietari di terreni vicini, si procede in ordine sparso e si vende ancora al sensale a prezzi stracciati e senza alcun potere contrattuale pur avendo appezzamenti di terra superiori. Elementi simili regolano il successo delle attività economiche nella manifattura e nei servizi.
Il paradigma dell’economia civile parte da questi assunti per proiettare oltre l’homo oeconomicus la disciplina verso visioni meno riduzioniste della persona, dell’impresa e del valore. In vista del traguardo della generatività, che vuol dire maggiore soddisfazione di vita e ricchezza di senso. Il paradigma si traduce anche in una politica economica a quattro mani. Dove in una logica a quattro mani (mezzo e fine di generatività) il buon mercato e le buone istituzioni sono coadiuvate da cittadinanza attiva e imprese responsabili. Non è un caso che nei Sustainable Development Goals delle Nazioni Unite si passa in modo deciso da un approccio calato dall’alto a un modello partecipato dove partnership e responsabilità diventano parole chiave (e non potrebbe essere altrimenti su temi come quello ambientale). Welfare aziendale, progettazione partecipata, sussidiarietà circolare e democrazia deliberativa, cooperative di comunità, gestione dei beni comuni condivisa e voto col portafoglio sono alcune delle tante frontiere di questo nuovo paradigma. Mentre la realtà viaggia su nuovi binari il pensiero economico fa fatica a comprendere ed adeguarsi. Per i riconoscimenti al nuovo che si sta facendo (e purtroppo anche per la sua incorporazione nella maggioranza dei programmi di economia universitari) dovremo aspettare ancora degli anni.
Leonardo Becchetti è ordinario di Economia politica all’Università di Roma Tor Vergata
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