
Gli autovelox fissi sui viali attorno al centro storico di Firenze sono illegittimi. Almeno secondo la sentenza 3055/2017 depositata il 26 settembre, con la quale la Seconda sezione civile del Tribunale ribalta l’orientamento mantenuto sinora a Firenze nelle cause di appello su una vicenda che ha coinvolto migliaia di guidatori in otto anni: quella dei controlli automatici di velocità massicciamente introdotti in città dalla giunta Renzi nonostante dal 2002 la legge 168 ponga molti vincoli a quest’attività in centro abitato.
A parte il caso di una postazione non segnalata (e quindi irregolare alla luce dell’obbligo di presegnalazione imposto da agosto 2007 con l’articolo 142, comma 6-bis), la maggior parte del contenzioso ha riguardato la natura di «strada urbana di scorrimento» dei viali che circondano il centro storico: in ambito urbano, i controlli di velocità con apparecchi non presidiati da agenti sono consentiti solo su tali arterie. E nemmeno su tutte, ma solo su quelle individuate dalla Prefettura. Nel caso di Firenze, il decreto prefettizio esiste, ma viene contestato il fatto che esso riguarda anche strade che non sembrano avere i requisiti per essere considerate urbane di scorrimento.
Tali requisiti - fissati dall’articolo 2, comma 3, lettera D, del Codice della strada - sono le carreggiate separate o indipendenti (ciascuno con almeno due corsie di marcia) e dotate di banchina e marciapiedi, con semafori a tutti gli incroci («intersezioni a raso») e sosta possibile solo in eventuali aree laterali (note comunemente come complanari o controviali) che sbocchino sulla carreggiata con immissioni concentrate. Normalmente i ricorsi presentati a Firenze mettono in dubbio la presenza di tutti i requisiti (si veda la scheda sotto), tranne quello della separazione delle carreggiate. La sentenza 3055/2017 accoglie solo il rilievo sulla presenza della banchina.
La difesa del Comune (articolo 3, comma 1) faceva leva sul fatto che il Codice non stabilisce espressamente una larghezza minima o altre caratteristiche minime: si limita a definire la banchina come «parte della strada compresa tra il margine della carreggiata e il più vicino tra i seguenti elementi longitudinali: marciapiede, spartitraffico, arginello...». Ma il giudice va oltre.
Infatti, riconosce alla banchina una precisa funzione: quella di consentire l’eventuale sosta di emergenza senza compromettere lo scorrimento degli altri veicoli. Ciò si ricaverebbe dalle definizioni di autostrade e strade extraurbane principali, date dall’articolo 2 del Codice: in entrambe, è richiesta la presenza della banchina «o» della corsia di emergenza. Dall’uso della congiunzione «o», il giudice deduce che anche la banchina debba garantire la possibilità di fermarsi in caso di emergenza. Una tesi corroborata da alcune sentenze della Cassazione (il magistrato cita la 22775/2013 e la 5445/2006), secondo cui la banchina deve essere utilizzabile «anche per sole manovre saltuarie di breve durata». Nel caso di Firenze (e in particolare di viale Gramsci, dove è stato rilevato l’eccesso di velocità oggetto della causa), questa utilizzabilità non c’è: il poco spazio a disposizione serve per ospitare cassonetti dei rifiuti e fermate dei mezzi pubblici.
Una variante del contenzioso riguarda il dubbio se una strada possa essere riconosciuta come urbana di scorrimento nonostante ne abbia i requisiti solo in un tratto e non in tutta la sua lunghezza. Al momento (si veda Il Sole 24 Ore del 3 maggio 2016), il Tribunale è orientato per la legittimità dei controlli anche in questi casi, sulla scia di un parere del ministero delle Infrastrutture.
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