Sono diventate più di 3mila le imprese di autotrasporto che finora hanno aderito in Italia all’azione collettiva contro le case costruttrici di mezzi pesanti sanzionate l’anno scorso dalla Commissione Ue, che ha accertato per il periodo 1997-2011 un cartello fra di loro per tenere alti i prezzi, ritardare l’adozione dei migliori standard antinquinamento disponibili e traslarne il costo sui clienti. L’azione mira ad ottenere risarcimenti sia per le maggiori spese d’acquisto dovute ai prezzi fissati col cartello sia per la svalutazione accelerata dei mezzi, che poco dopo l’acquisto si sono ritrovati tecnicamente superati per l’entrata in vigore di limiti di emissioni passati da Euro III a Euro VI. E la classe Euro incide anche su altri fattori, come il costo del pedaggio sulla viabilità principale di alcuni Paesi (la cosiddetta vignette).
L’azione legale è di natura collettiva, ma non è una class action, strumento che l’articolo 140-bis del Codice del consumo riserva ai consumatori. Alle imprese resta solo la possibilità di litisconsorzio facoltativo, prevista dall’articolo 103 del Codice di procedura civile: ai primi ricorsi (in questo caso, 18, presentati ad ottobre) si aggiungono quelli di altre parti che intendono tutelare lo stesso tipo di interesse e ottenere una decisione univoca e più rapida, evitando una pluralità di cause con esiti potenzialmente contrastanti e tempi lunghi.
Per organizzare azioni di questo tipo, occorre che qualcuno la promuova, informando i potenziali interessati della possibilità di presentare un ricorso e li assista nella sua preparazione e durante la causa. Trattandosi di imprese, questo soggetto può essere un’organizzazione di categoria, in questo caso la Cna-Fita, che si avvale della Ali (Antitrust Litigation Investment), società specializzata nella gestione di contenziosi. Quest’ultima sostiene tutti i costi dell’azione, compresi i compensi dei professionisti coinvolti (la società di consulenza economica Lear, che ha quantificato i danni, e lo studio legale Scoccini & Associati), in cambio di una quota del risarcimento che le imprese otterranno in caso di vittoria.
Finora hanno aderito più di 3mila imprese, di cui quasi 2mila monoveicolari (padroncini). Azioni analoghe sono state promosse da altre associazioni in Europa: nel Regno Unito da Road Haulage Association, in Spagna da Fenasdimer, in Germania da Bgl, in Olanda daTln e in Svezia da Sveriges Åkeriföretag.
Dal punto di vista probatorio, visto che quasi tutti i produttori coinvolti (Daf, Daimler, Iveco, Man e Volvo-Renault) hanno ammesso il cartello e chi non lo ha fatto (Scania) è stato comunque sanzionato dalla Commissione Ue (che ha chiuso il caso infliggendo sanzioni per un totale di oltre 3,8 miliardi), la difficoltà sta “solo” nel dimostrare il danno: i costruttori, di fronte alle richieste avanzate dalle imprese in via bonaria, hanno negato che esista.
I ricorsi sono quindi supportati da analisi economiche, che stimano innanzitutto - in base a vari fattori e simulazioni - quanto i prezzi di acquisto sarebbero stati più bassi senza il cartello.
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