Ci sono anche tanti acquirenti di veicoli tra le persone sanzionate per violazione delle norme antiriciclaggio secondo cui gli assegni bancari e postali dai mille euro in su devono recare nome o ragione sociale del beneficiario e la clausola di non trasferibilità: questi mezzi di pagamento sono piuttosto diffusi nel settore. Talvolta vengono sanzionati anche i commercianti che vendono i veicoli, ma non è pacifico che si possa configurare una loro responsabilità. Piuttosto, dato che le sanzioni sono pesanti (almeno 6mila euro) e note da anni, i commercianti rischiano la rivalsa da parte del cliente.
La questione della sanzionabilità del commerciante - come soggetto attivo del riciclaggio assieme al cliente - è complessa e non c’è giurisprudenza formatasi in base agli obblighi attuali (imposti dall’articolo 49, comma 5, Dlgs 231/2007, modificato di recente dal Dlgs 90/2017) . Quando vigeva l’articolo 1, comma 2, del Dl 143/1991, c’erano due indirizzi.
Secondo il primo, la norma riguarderebbe entrambi i soggetti che prendono parte all’operazione, con obblighi puntuali e specifici. Quindi, sarebbe sanzionabile anche il beneficiario dell’assegno non munito della clausola: è vietato negoziare titoli superiori alla soglia di legge o privi della clausola. A prescindere che abbia collaborato o meno nell’emissione del titolo o non abbia chiesto che venisse apposta la clausola di intrasferibilità (Pretore di Brescia, sentenza 13 dicembre 1994, n.847).
Secondo un altro orientamento la norma non si applicherebbe al beneficiario che presenta l’assegno alla banca per l’incasso. Obbligati ad inserire la clausola di non trasferibilità sarebbero, infatti, il traente dell’assegno e gli eventuali successivi giratari, nel caso in cui tali soggetti cedano l’assegno a soggetto diverso da un istituto di credito. Se, invece, l’assegno viene conferito al sistema bancario, l’apposizione della clausola perderebbe ogni rilievo: l’assegno non potrebbe più essere reimmesso nel circuito bancario. In tal caso, verrebbe meno il fine della legge: impedire o comunque ostacolare il riciclaggio (pretore di Ascoli Piceno, sentenza 11 agosto 1995, n.21).
Quanto alla possibilità rivalsa dei clienti, essa basa sul fatto che i commercianti sono professionisti ai sensi del Codice del consumo e quindi dovrebbero conoscere le regole, rifiutando pagamenti irregolari e avvisando i clienti. Un principio generale che qui è rafforzato dal fatto che i commercianti non rischiano nulla a rifiutare e avvisare: non sono fra i soggetti come gli intermediari finanziari, tenuti (articolo 3, Dlgs 231/2007) a comunicare al ministero dell’Economia le irregolarità che riscontrino nel corso della loro attività, senza farne cenno al cliente (cosa che per loro è reato).
Peraltro, accettando il pagamento e non avvisando, i commercianti si espongono in proprio alla stessa sanzione applicata ai clienti.
Sia gli uni sia gli altri, in attesa di modifiche legislative possibili nei prossimi mesi, possono comunque presentare ricorso: per le cifre spesso in gioco nell’acquisto di veicoli (specie usati), è dubbio che si possa configurare il riciclaggio. Quindi occorre valutare bene se avvalersi della possibilità di oblazione indicata quando si viene sanzionati.
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