La nuova tabella per la liquidazione del danno derivante da lesione del bene salute definito da premorienza va a integrare quelle già esistenti del Tribunale di Milano sul risarcimento del danno non patrimoniale (si veda «Il Sole 24 Ore» del 16 marzo). Si attende ora di vedere se anche questa tabella troverà applicazione su scala nazionale. L’attesa riguarda anche le altre tabelle che riguardano ulteriori voci di danno: quello terminale, quello da diffamazione e quello da abuso del processo. Ma nel caso della premorienza il test sarà più probante, perché nella fase di elaborazione delle tabelle è emerso qualche rilievo da Roma.
Il danno da premorienza si ha quando la vittima di un illecito (per esempio, un sinistro stradale) muore per circostanze indipendenti dalla lesione invalidante subita, non ricollegabili alla menomazione dell’integrità psicofisica risentita per quell’illecito. Se la morte per diversa e autonoma causa giunge prima che alla vittima sia stato liquidato il risarcimento, la giurisprudenza prevalente (tra le tante, Cassazione, sentenza 679/2016) stabilisce che agli eredi si riconosce il danno biologico sofferto dal dante causa, ma ridotto in base al tempo che va dalla lesione alla morte: dato che in questa ipotesi la durata della vita futura non è più ancorata alla mera probabilità statistica ma è un dato noto, la liquidazione del danno non patrimoniale (che, in quanto danno-conseguenza, sta nelle ripercussioni negative subite per la lesione dell’integrità psicofisica) si parametra non all’aspettativa di vita residua, ma al numero di anni effettivamente vissuti, così da risarcire il concreto pregiudizio per il tempo (certo) in cui il danneggiato è stato in vita. Non possono perciò utilizzarsi, tout court, i valori monetari delle tabelle milanesi, Essi, a parità di grado di invalidità, divergono secondo l’età, proprio perché al crescere dell’età cala l’aspettativa di vita.
Su queste premesse, l’Osservatorio sulla giustizia civile del Tribunale di Milano, analizzate le principali soluzioni liquidatorie dei vari indirizzi giurisprudenziali, ha proposto un nuovo criterio orientativo. La relativa tabella, sottoposta prima della sua recente pubblicazione agli Osservatori di altre sedi, non è stata condivisa da quello di Roma, che ha ritenuto di continuare ad applicare il proprio criterio liquidativo. Esso prevede la somma di due quote: una è la percentuale di danno acquisita subito per effetto della lesione e una è calcolata sulla base della sopravvivenza concreta rispetto a quella statistica determinata sulla base del rapporto tra vita media e vita effettiva del danneggiato.
Il nuovo sistema, superando la liquidazione in base alla suddivisione per fasce di età, si fonda sul concetto di risarcimento medio annuo. Questo è il rapporto tra il risarcimento medio per ogni percentuale invalidante (media aritmetica delle somme massime e minime previste a Milano) e l’aspettativa di vita media (35 anni) di un soggetto ideale di età compresa tra 1 e 100 anni (previa media tra aspettativa di vita maschile e femminile per ogni fascia di età). Poiché il danno è, in prossimità dell’evento lesivo, più intenso del periodo successivo, soprattutto per la componente sofferenza morale (Cassazione, sentenza 19057/2003), la cifra media annua raddoppia nel primo anno e sale del 50% nel secondo.
È poi prevista la possibilità di personalizzazione sino al 50% per ogni grado di invalidità, in relazione alle peculiari circostanze del caso concreto, se allegate e provate. Uno dei fattori che potrà contare è l’età: il grado di sofferenza soggettiva di solito varia con essa.
© Riproduzione riservata