È il giorno più atteso. Oggi Mark Zuckerberg, 33 anni e un impero alle spalle, testimonierà davanti al Congresso degli Stati Uniti a proposito del datagate che nelle ultime tre settimane ha travolto la sua creatura: Facebook. A Capitol Hill i riflettori saranno tutti puntati su di lui. Lo scandalo Cambridge Analytica, del resto, non accenna a placarsi e sta trascinando il social network in acque sempre più torbide. Per Zuck è il momento più duro di sempre, e i ripetuti “mea culpa” degli ultimi giorni non hanno allentato la pressione. Il Financial Times, in attesa della testimonianza davanti al Congresso, propone sei domande che i politici dovrebbero porre al Ceo di Facebook.
1. Il Congresso può guardare all'interno dei sistemi pubblicitari di Facebook?
Facebook ha una grande quantità di dati a disposizione degli inserzionisti. Finora ha rivelato pubblicamente al Congresso solo gli annunci pubblicitari e di targeting utilizzati dall'agenzia russa “Internet Research Agency”. Se al Congresso è concesso l'accesso ai sistemi di Facebook, sarà possibile vedere un targeting più dettagliato delle “troll farm” russe, e conoscere più dettagliatamente chi ha preso di mira Cambridge Analytica, con quali messaggi e quanto hanno speso.
Il Congresso potrebbe anche esaminare gli sviluppatori che hanno avuto accesso a grandi quantità di dati sulla piattaforma di Facebook, per vedere se, per esempio, altre società di analisi o di marketing politico si comportano in modo simile a Cambridge Analytica. Ma è probabile che i social network, sostenendo di voler proteggere la privacy di utenti e inserzionisti, non conceda l'accesso al governo. Facebook, inoltre, potrebbe voler tutelare la propria proprietà intellettuale commerciale: il sistema di targeting, del resto, è redditizio e i concorrenti vorrebbero capire più dettagliatamente come funziona. Alcuni dati potrebbero essere resi anonimi, ma ciò potrebbe anche rendere più difficile per il Congresso cercare di individuare le pratiche scorrette.
2. Perché non avete segnalato prima la perdita di dati?
Zuckerberg ha già dimostrato di essere vulnerabile circa le decisioni prese in passato da Facebook per tenere sotto controllo i dati. L'azienda si è resa conto che Cambridge Analytica aveva «ottenuto in modo improprio» i dati degli utenti già nel 2015. Ma invece di segnalare il fatto alle autorità di protezione dei dati o di informare gli utenti interessati, ha scelto di chiedere alla società britannica e al professore di Cambridge che originariamente aveva raccolto i dati, di cancellare il tutto. Facebook non ha neanche bannato Cambridge Analytica dalla piattaforma fino al mese scorso. Il social network si è giustificato dicendo che non era un inserzionista nel 2015, ma allo stesso tempo non ha preso misure concrete per garantire che non lo diventasse. Quando Cambridge Analytica ha iniziato a utilizzare Facebook per le sue campagne politiche, i dipendenti di Facebook hanno persino lavorato al fianco dell'azienda. I legislatori faranno pressione su Zuckerberg affinché spieghi come mai Facebook non abbia reso pubblico il tutto subito.
3. Perché non ci può dire dove sono finiti i dati?
I legislatori cercheranno di fare cadere Zuckerberg su quelli che sono, ad oggi, gli angoli più bui di Facebook. Il Ceo non sa se Cambridge Analytica dispone ancora dei dati di 87 milioni di utenti, quanti di questi sono stati effettivamente interessati e se i dati sono stati utilizzati nella campagna pro Trump (cosa che Cambridge Analytica nega). Il social network attende che il commissario per l'informazione del Regno Unito concluda la sua indagine per intraprendere un'iniziativa autonoma. Il cuore del problema è questo: una volta che i dati sono fuoriusciti, non c'è più modo di seguirli. I legislatori possono sostenere che questo è il motivo per cui Facebook avrebbe dovuto avere controlli più severi su chi poteva accedere ai dati e per quale scopo. E avrebbe dovuto sviluppare strategie migliori per rilevare quando un'App iniziava a scaricarli.
4. Perché non dovremmo regolamentarti?
Al di là del rischio di essere abbandonato dagli utenti, la più grande minaccia che Facebook deve affrontare è la legislazione del Congresso. Facebook ha sostenuto a lungo di potersi “controllare” da solo. I miglioramenti annunciati la scorsa settimana sono stati concepiti per dimostrare la sua proattività. Ma Facebook ha anche fatto una concessione significativa: ha effettuato una inversione di marcia dicendo che ora supporta l'unica proposta legislativa concreta relativa al suo business. Questa legge - la “Honest Ads Act” - chiederebbe alle aziende tecnologiche di conservare le copie delle inserzioni a scopo politico, riportare quanto costano e chi le paga, e renderle ricercabili al pubblico. La legge, tuttavia, affronta solo una parte delle attività di Facebook e non tocca la privacy dei consumatori. A favore di Facebook vi è una situazione di stallo congressuale. Zuckerberg potrebbe dire di essere aperto alla regolamentazione, sapendo che il Congresso rimane diviso su come agire ed è improbabile che approvi nuove leggi in questo anno elettorale.
5. Quanto profitto sacrificherete per risolvere questo problema?
Sia Zuckerberg che il suo braccio destro, Sheryl Sandberg, hanno promesso di non cambiare il modello commerciale di Facebook. I profitti della pubblicità mirata hanno reso Facebook una delle più grandi aziende del mondo: l'anno scorso ha generato 16 miliardi di dollari di ricavi netti e circa 40 miliardi di dollari di fatturato. Fino a oggi Facebook ha fatto molti annunci sui suoi piani per limitare i dati a cui possono accedere gli sviluppatori, sia che questi offrano sondaggi, giochi o applicazioni. La società, però, non si è impegnata a ridurre la quantità di dati raccolti da Facebook per aiutare gli inserzionisti. Facebook potrebbe promettere cambiamenti importanti, come non monitorare l'attività web delle persone, o non utilizzare tecnologie che analizzano cosa o chi è nelle foto caricate in Rete. Ma riducendo questo tipo di raccolta potrebbe crear danno ai suoi profitti.
6. Sei tu il problema?
La saga di Cambridge Analytica ha suscitato fino ad oggi le domande più spinose sul fatto che Zuckerberg sia o meno la persona giusta per guidare Facebook. I legislatori potrebbero giocare la carta dell'ultimo atto di responsabilità: il fondatore che si dimette (come ha fatto Travis Kalanick con Uber l'anno scorso). Sulle passate critiche di ingenuità, Zuckerberg ha risposto: «Forse ero troppo idealista». Ma questo, per il Congresso, potrebbe non bastare.
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