La nuova stretta antifrode Iva per i veicoli importati è entrata a regime, dopo le prime settimane di difficoltà tecniche. Ma restano incertezze applicative su entrambi i fronti della stretta: il censimento per gli esemplari portati in Italia dai privati e la documentazione ulteriore richiesta alle imprese che poi utilizzano i mezzi come beni strumentali e a quelle che applicano l’Iva sul margine. In un caso, c’è il dubbio che possa restare una scappatoia per gli evasori.
Il 19 aprile l’agenzia delle Entrate ha emanato il provvedimento 2018/84332, che dà disposizioni attuative sull’estensione ai privati dell’obbligo di censimento in vigore dal 5 aprile (Dm Trasporti del 26 marzo scorso, si veda «Il Sole 24 Ore» del 13 aprile) e subordina alla presentazione di un’istanza alle proprie direzioni provinciali l’immatricolazione di autoveicoli, motoveicoli e rimorchi importati da Paesi Ue (si veda Il Sole 24 Ore del 26 aprile). L’estensione ai privati vuole evitare che importatori professionali evadano l’Iva facendo risultare che il loro cliente ha acquistato direttamente. Ma finora nel nuovo sistema le istanze di privati per mezzi usati (ai fini fiscali, quindi con oltre sei mesi di anzianità e con più di 6mila chilometri) sono accolte in automatico, a prescindere dal fatto che l’Iva sia dovuta e/o pagata.
Forse è l’unico modo per sbloccare le pratiche dei privati che stabiliscono la residenza in Italia per più di un anno e per questo devono immatricolare con targa italiana i mezzi che erano loro intestati all’estero: nonostante non ci sia compravendita, anche queste fattispecie devono passare per il censimento (indicando nell’istanza d’immatricolazione due volte la stessa persona, la prima come venditore estero e la seconda come importatore in Italia). Però nelle altre fattispecie che riguardano i privati, i controlli sull’Iva vengono rimandati a un momento successivo (e si vedrà quanti saranno).
Quanto alle incertezze applicative, a chi importa un usato è richiesto che sulla carta di circolazione estera sia menzionata l’esportazione dal Paese di provenienza. Ma non è detto che essa sia materialmente ottenibile per tutti: è un’operazione non prevista dalla direttiva europea sulle carte di circolazione (la 1999/37) e quindi al momento il problema si può superare solo se il Paese di provenienza la prevede nella sua prassi nazionale.
Infine, ai fini del censimento occorre riportare le generalità del venditore estero. Per individuarle correttamente, la nuova normativa italiana indica di ricavarle da un documento d’identità del venditore, visto che la carta di circolazione potrebbe essere non aggiornata o incompleta. Però non è detto che il documento d’identità lo sia e potrebbe addirittura mancare: si pensi al caso della Gran Bretagna, dove la carta d’identità non esiste e il passaporto non è in possesso di tutti. Non è chiaro come ci si possa tutelare in casi del genere.
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