Il conducente che non si ferma dopo avere causato un incidente con un ferito lieve può essere prosciolto dal reato di fuga (articolo 189, comma 6 del Codice della strada per tenuità del fatto. Lo ha stabilito la Cassazione, con la sentenza 20096 dell’8 maggio, che sembra contrastare col precedente indirizzo sullo stesso reato.
Nel giudizio di merito l’imputato era stato condannato a tre mesi di reclusione – mitigati dalla sospensione condizionale della pena - per non essersi fermato dopo avere provocato, mentre era al volante della sua vettura, un incidente stradale in cui il conducente di un ciclomotore aveva riportato lesioni personali guarite in cinque giorni. La Cassazione ha ravvisato la non punibilità del reato in base alle «concrete modalità del fatto, caratterizzato dalla assenza di contatto tra l’autovettura condotta dall’imputato e il ciclomotore», al «mite trattamento sanzionatorio riservato dai giudici di merito» nonché all’assenza di precedenti.
La decisione è condivisibile, dato che è espressione della volontà della norma che ha previsto la tenuità (l’articolo 131-bis del Codice penale) di riservare la sanzione penale a reati stradali che abbiano in concreto cagionato un danno grave ad opera di un soggetto pienamente cosciente di ciò: requisiti della condotta non ravvisabili nel caso in esame, dato che il conducente dell’auto, in assenza di contatto con il ciclomotore, poteva non essersi accorto di avere provocato l’incidente. Inoltre, il ferito era guarito in meno di una settimana.
Si tratta di una posizione che non si colloca nel solco della precedente giurisprudenza di legittimità, al contrario piuttosto severa. Basta pensare che, in altri casi, ha stabilito che l’obbligo di fermarsi scatta «al semplice verificarsi di un incidente stradale, comunque ricollegabile al comportamento dell’utente della strada al quale l’obbligo è riferito» (sentenza n. 33761/2017) e che commette il reato di fuga il conducente che «coinvolto in un sinistro con danni alle persone, effettui soltanto una sosta momentanea, senza fornire le proprie generalità» (n. 42308/2017), perchè la finalità del reato in esame è quella di «garantire l’identificazione dei soggetti coinvolti nell’investimento e la ricostruzione delle modalità del sinistro». Con il senno del poi, sembra dire oggi la Cassazione, toglie offensività a una condotta altrimenti punibile con carcere fino a tre anni.
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