Controlli rafforzati anche quest’estate, contro alcol e droga alla guida. Li annuncia la Polizia stradale, che nella notte tra venerdì e sabato scorsi ha istituito posti di controllo vicino alle barriere autostradali in 13 regioni, riscontrando irregolarità per oltre il 13% dei 3.413 veicoli fermati. Ma non è ancora detto che gli accertamenti sulla droga portino effettivamente a sanzioni: resta il problema di determinare se la presenza di stupefacenti stesse influendo sulle capacità di guida al momento del controllo. È un problema scientifico aperto e una circolare della Procura della Repubblica di Bologna conferma che occorre agire con cautela.
È anche per questo che, tra le 539 violazioni rilevate nell’operazione dello scorso weekend, solo 12 riguardavano droghe. È stata un’operazione ad alto impatto, quindi con massiccio impiego di mezzi e personale, tra cui furgoni attrezzati per consentire ai medici della Polizia di svolgere test (prelievi e visite) per determinare non solo la presenza di stupefacenti nell’organismo ma anche la circostanza che stiano facendo effetto, come richiede l’articolo 187 del Codice della strada. Di solito, proprio la presenza dei medici dà più certezze rispetto a quando i sintomi di alterazione (pupille dilatate, comportamento particolare eccetera) sono riscontrati solo dagli agenti. E i sanitari negli ultimi anni sono più cauti nelle attestazioni.
Questo perché la ricerca scientifica è arrivata a ritenere che in queste visite ci sia sempre un margine di incertezza, che potrebbe vanificare la cura nell’analisi dei liquidi biologici per determinare la presenza di droga nell’organismo (la Polizia segue un protocollo che prevede l’invio di tutti i campioni ai propri laboratori di Roma, si veda «Il Sole 24 Ore» del 19 settembre 2017). Proprio per l’alta affidabilità di queste, la conclusione è che probabilmente è meglio fissare valori-limite di sostanza oltre i quali un guidatore va considerato sotto l’effetto, piuttosto che affidarsi alla valutazione dopo la visita.
Un gruppo di medici legali è da tempo al lavoro per determinare le soglie. Nel frattempo, resta possibile fare valutazioni empiriche: l’orientamento prevalente della Cassazione dà credito anche ai rapporti redatti dagli agenti sullo stato di alterazione (si veda il «Focus Norme e Tributi» del 31 gennaio scorso). Ma i rapporti devono essere dettagliati. Lo dimostra la circolare emanata dalla Procura di Bologna il 13 febbraio, che ricorda la «notevole importanza del compito degli operatori, i quali, nell’informativa e poi nel processo, devono essere in grado di fornire un quadro indiziario obiettivo in grado di fondare la prova dell’alterazione». E, in caso di incidente con intervento di un medico, «è opportuno» che «se possibile» sia questi ad attestare l’alterazione.
Le raccomandazioni della Procura di Bologna si fondano sulle sentenze della Cassazione che spesso non riconoscono più altri indizi più indiretti, come le modalità di un eventuale incidente. La Procura cita il caso di una mancata precedenza, non ritenuta sufficiente a dimostrare uno stato di alterazione nonostante il sinistro non avesse apparentemente altre cause (era avvenuto alle cinque del mattino con traffico scarso). Occorrerebbero quindi modalità «più eclatanti», come imboccare contromano un’autostrada, guidare a velocità elevatissima, schiantarsi da soli contro un muro o uno spartitraffico o compiere inversioni di marcia e sorpassi azzardati.
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