La trasformazione digitale, osservando ciò che accade nelle economie più avanzate, ha per il futuro tre sinonimi: blockchain, smart contracts e data feeds. Digitalizzazione sarà blockchain, senza molte alternative. Digitalizzazione sarà anche smart contracts e data feeds. La digitalizzazione del mondo produttivo e della pubblica amministrazione avverrà anche con tali strumenti. La blockchain è una “trustless technology”: ciò significa che, con o senza intervento delle regole di un ordinamento statale, esiste un sistema privatistico transnazionale che, avendo permesso il download di un determinato dato in forma digitale, lo rende veritiero, per tutti gli operatori, sempre monitorabile, immodificabile, senza che vi sia il contributo o il controllo di un’autorità pubblica terza. Su questo binario, possono muoversi dati, valori, diritti mediante smart contracts e data feeds.
Gli smart contracts auto-definiscono il proprio contenuto, sulla base dell’oggetto e delle cause disposti dalle parti e i data feeds permettono la circolazione di informazioni tra smart contracts. Introdurre la blockchain determina, da una parte, la revisione delle regole interne al mercato, cioè nel rapporto tra aziende, tra aziende e Pa, tra cittadino-utente e Pa, e, dall’altra, la revisione di quelle regole relative alle gestioni interne alla medesima azienda.
La blockchain, per gli aspetti economici, sta per rivoluzionare il rapporto tra pubblico e privato perché è materia di politica industriale, di investimenti economici, di modernizzazione di un Paese e di competizione. La blockchain, per l’organizzazione aziendale, è una rivoluzione in atto: incide sul modo mediante cui si rendono servizi e si produce.
Le scienze giuridiche, economiche e dell’organizzazione saranno rivoluzionate dall’applicazione della blockchain, e anche il mondo produttivo e gli scambi commerciali. Blockchain è disintermediazione perché, essendo essa una tecnologia crittografica, rende giuridicamente possibile il trasferimento digitale di dati, valori, diritti e informazioni senza la presenza di terzi certificatori. È, in altre parole, una partita “tripla” (non più “doppia”), di livello globale, che permette di svolgere operazioni commerciali senza l’intervento di un terzo certificatore, con una rendicontazione crittografica che è verificata contestualmente dalla rete degli operatori, con una ricognizione delle vicende giuridiche che attengono a quel bene/servizio/diritto e con un continuo monitoraggio dell’adempimento delle obbligazioni connesse al contratto che è alla base di quell’operazione.
Capita di partecipare a discussioni nelle quali si dibatte circa il fenomeno del bitcoin. Solo una marginale attenzione è posta su quella tecnologia della blockchain che è alla base delle possibilità e del funzionamento del bitcoin. In pochi hanno sottolineato che la blockchain, le cui potenzialità sono state per ora solo scalfite con il bitcoin, contiene un’adattabilità che potrebbe rivoluzionare non solo il mondo economico–industriale, con conseguenze sull’organizzazione del lavoro, ma anche molti aspetti della vita di ogni cittadino-utente.
Questa rivoluzione è basata su diversi fatti che, con grande probabilità, porteranno la blockchain a inserirsi nei vari aspetti della vita economica di un Paese, tra cui le politiche attive e quelle previdenziali.
La blockchain permette una contestuale riconciliazione di dati mediante l’uso della crittografia (le istituzioni correntemente si scambiano messaggi per trasferirsi dettagli di operazioni; una volta che il messaggio è ricevuto ogni istituzione aggiorna i propri registri; oggi non è facile assicurare che le copie siano uguali tra loro, la blockchain risolverà questo problema). E permette di replicare i dati, permette il controllo degli accessi (i registri distribuiti usano chiavi e firme per controllare chi può fare cosa nel registro condiviso; ciò consente di assegnare particolari funzioni solo a determinate condizioni).
La blockchain offretrasparenza: i partecipanti hanno una copia del registro e possono verificare ogni record, un registro condiviso ha un elevato grado di trasparenza; ciò consente a un ente regolatore o un organo indipendente di vedere con certezza che il contenuto di un database non è stato modificato in alcun modo fraudolento.
Si immagini tutto ciò applicato alle politiche attive del lavoro o a quelle previdenziali. La blockchain va oltre il tallone d’Achille di quella Pa che si occupa di mercato del lavoro e previdenza. Alcuni di questi nuovi sviluppi avranno verosimilmente un impatto ancora più incisivo di quanto oggi si possa ipotizzare. Ed è per questa ragione che, presso il Cnel, con l’Università Roma Tre, con il gruppo di ricerca di cui faccio parte (Tiziano Treu, Silvia Ciucciovino, Alessandro Toscano), è stato costituito l’osservatorio italiano sulla blockchain volto a monitorare e studiare le prime applicazioni nelle politiche attive e in quelle previdenziali. È un gruppointerdisciplinare che, in linea con le esperienze europee (Eu Blockchain Observatory), intende creare occasioni di confronto, pubblicare gli esiti della ricerca, promuovere collaborazioni con istituzioni ed enti, tra cui Anpal, Regioni, Inps e Inail.
Università di Roma Tor Vergata
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