Non importa se 21 anni fa si era stabilito per legge che per liberarsi dall’obbligo di pagare il bollo auto non è necessario annotare al Pra il furto, la vendita o la demolizione del veicolo: con alcune recenti sentenza, la Cassazione pare tornare al regime in vigore prima della legge Finanziaria 1998, con cui si stabilì che bastava un qualsiasi atto di data certa (dichiarazione di vendita con firma autenticata, denuncia di furto, ricevuta di un demolitore autorizzato eccetera). Ma queste recenti sentenze appaiono controverse: si basano su una pronuncia che riguarda un caso precedente all’attuale normativa nazionale.
In passato, la Cassazione (si veda, per esempio, la sentenza 10011/2006) aveva confermato che l’obbligo di pagare il tributo non cessa solo con la cancellazione del veicolo dai pubblici registri (cioè, di norma, dal Pra): essa «pone soltanto una presunzione relativa di appartenenza del veicolo...che può essere esclusa dalla prova contraria dell’avvenuta perdita del possesso». Una conclusione che tra l’altro attenua la storica contraddizione del sistema italiano in caso di vendita del veicolo: la trascrizione del passaggio di proprietà deve essere effettuata dall’acquirente e, se questi non provvede, il venditore può restare intestatario a sua insaputa.
Ma il 10 aprile di quest’anno la Sesta sezione civile della Cassazione ha depositato l’ordinanza 8737/2018, secondo cui anche seguendo il principio della sentenza 10011/2006, l’intestatario non è esonerato dal pagamento. Egli assumerebbe «la veste di responsabile d’imposta, nel senso che rimane obbligato in solido con il compratore...con diritto di rivalsa nei confronti di quest’ultimo».
La Corte non argomenta quest’affermazione: si limita a citare alcune pronunce che contengono lo stesso principio.
Ma la prima in ordine di tempo tra queste pronunce è la 10177/1999, che si riferisce a un caso sorto prima che la Finanziaria 1998 (legge 449/1997) introducesse nell’articolo 94 del Codice della strada la possibilità di esonero anche con atti di data certa che dessero prova contraria rispetto alle risultanze dei pubblici registri. Questa possibilità fu chiarita pochi mesi dopo dall’allora ministero delle Finanze con la circolare 122/E, poi “allargata” dalla 2/E del 2 gennaio 2002.
È vero che da allora più di una Regione ha legiferato in proprio. Per esempio, il Lazio è tornato ad attribuire rilevanza centrale alle risultanze del Pra e la Lombardia ha riconosciuto l’esonero solo per la prima annualità contestata (per quelle successive, l’intestatario deve provvedere lui a trascrivere a sue spese l’avvenuta perdita di possesso). Ma in materia di bollo auto la validità delle leggi regionali è controversa (si parla di un tributo proprio dello Stato, come stabilito anche dalla Consulta), in attesa di una riforma organica cui a livello tecnico si lavora da anni ma senza grandi appoggi politici.
In ogni caso, la Cassazione con l’ordinanza 8737/2018 (e anche con la precedente sentenza 8373/2016) ha affermato princìpi difformi dall’articolo 94 del Codice della strada senza basarsi su leggi regionali. Forse i ricorsi dei contribuenti non avevano valorizzato a sufficienza la Finanziaria 1998.
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