Le auto ibride non sono tutte uguali. Per ora la differenza si vede solo su prestazioni e consumi. Ma, in un futuro nemmeno lontano, potrebbe pesare anche sulla possibilità di circolare nei centri abitati dove vigono limitazioni del traffico per inquinamento. A quel punto, molti potrebbero scoprire di non poter usare la vettura acquistata proprio per sfuggire alle limitazioni che attualmente stanno colpendo soprattutto il diesel.
Il problema nasce dagli obiettivi di taglio delle emissioni di CO2 fissati dalla Ue e dal dieselgate (con i conseguenti blocchi del traffico). La loro combinazione ha spinto le case automobilistiche a moltiplicare i modelli «ibridi». Tra questi non ci sono solo quelli tradizionali, in cui un motore elettrico contribuisce alla trazione affiancando il propulsore a scoppio. Da una parte ci sono gli ibridi «plug-in», con batterie in grado di far muovere il mezzo in modalità esclusivamente elettrica per decine di chilometri. Dall’altra ci sono «mild» e «micro», nei quali la parte elettrica si riduce di fatto a un alternatore speciale che fornisce energia ai servizi del motore (come il motorino di avviamento).
Le norme europee di omologazione non fanno alcuna differenza tra questi vari tipi. Così sulla carta di circolazione, alla voce P.3 («tipo di combustibile o di alimentazione»), compare solo la scritta «ibrido».
Dunque, stando ai criteri attualmente utilizzati dai Comuni per selezionare quali veicoli far circolare, nei giorni di blocco del traffico sarebbero ammessi sia i mezzi che si muovono in modalità elettrica sia quelli che vanno a benzina o a gasolio, con un apporto insignificante delle batterie.
Al momento il problema non si pone: le ibride «mild» e «micro» sono poche, in gran parte a benzina. Ma questo schema si diffonderà anche su modelli a gasolio, più soggetti ai blocchi. Accadrà anche a quelli di ultima generazione, arrivati in commercio solo da pochi mesi (Euro 6D-Temp ed Euro 6D): Milano, nell’ambito della prossima Area B (una sorta di zona a traffico limitato estesa quasi quanto tutta la città, che esordirà il 25 febbraio 2019), ne ha pianificato il bando da ottobre 2030. In molte altre città non c’è ancora nulla di deciso a lungo termine: per ora si studia e si discute.
A quel punto, una soluzione potrebbe venire proprio dalla carta di circolazione: per le ibride, nelle righe descrittive riporta anche il valore di «potenza massima su 30 minuti (motore elettrico)». Per alcune questo valore è zero, per altre è comunque bassissimo. Si potrebbe fissare una soglia sotto la quale il veicolo non viene considerato ibrido ai fini delle limitazioni del traffico.
Una prassi analoga è già seguita a Milano nel selezionare i mezzi a gasolio con filtro antiparticolato fino a Euro 4: si prende in considerazione il valore del particolato, che si trova alla voce V.5 della carta di circolazione.
Ora, sia per chi compra i veicoli sia per chi li vende, sarebbero importanti regole il più possibile omogenee e a lungo termine. Altrimenti proseguirà quell’incertezza che è una delle cause del rallentamento del mercato negli ultimi mesi. Infatti, sia pure con toni sfumati, varie associazioni di categoria hanno chiesto regole certe. Più esplicito è Giorgio Boiani, vicepresidente di Asconauto (Associazione Consorzi Concessionari Auto), che rappresenta 21 consorzi, oltre 900 concessionari e circa 20.500 autofficine: «Non è accettabile che una famiglia da un giorno all’altro debba scoprire che la sua auto è “fuorilegge”. Occorre un tavolo per discutere regole valide ovunque».
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