Non sono cambiati i limiti numerici per il contratto a termine (in caso di ricorso anche alla somministrazione a termine, opera il limite complessivo del 30%). Resta infatti fermo che, salvo deroga del contratto collettivo, il datore che occupa a tempo indeterminato da zero a 5 dipendenti, può assumere un solo lavoratore a termine; da 6 dipendenti in su, può assumere a termine fino al 20%, arrotondando il decimale all’unità superiore se esso è uguale o superiore a 0,5 (ad esempio: se ha 13 dipendenti a tempo indeterminato, può assumere 3 lavoratori a termine).
I limiti numerici non si applicano ai contratti a tempo determinato conclusi:
- nella fase di avvio di nuove attività, per i periodi definiti dai contratti collettivi, anche in misura non uniforme con riferimento ad aree geografiche e comparti merceologici;
- da imprese start up innovative (articolo 25, commi 2 e 3, del Dl 179/2012, legge 221/2012), per il periodo di quattro anni dalla costituzione della società o per il più limitato periodo previsto dall’articolo 25, comma 3, per le società già costituite;
- per lo svolgimento delle attività stagionali in base all’articolo 21, comma 2 (lavoratori impiegati nelle attività stagionali individuate dal Dpr 1525/63 nonché nelle ipotesi individuate dai contratti collettivi);
per specifici spettacoli o programmi radiofonici o televisivi ovvero per la
• produzione di specifiche opere audiovisive;
•per la sostituzione di lavoratori assenti;
•con lavoratori di età superiore a 50 anni.
Fanno eccezione al limite numerico anche i contratti a termine stipulati tra università private, istituti pubblici di ricerca ovvero enti privati di ricerca e lavoratori chiamati a svolgere attività di insegnamento, ricerca scientifica o tecnologica, assistenza tecnica o coordinamento e direzione della stessa, tra istituti della cultura di appartenenza statale ossia enti, pubblici e privati derivanti da trasformazione di precedenti enti pubblici e lavoratori impiegati per soddisfare esigenze temporanee legate alla realizzazione di mostre, eventi e manifestazioni di interesse culturale.
Se il limite percentuale è violatoil contratto non si trasforma a tempo indeterminato ma, per ogni mese o frazione di mese superiore a 15 giorni di durata del rapporto di lavoro, il datore deve pagare una sanzione amministrativa di importo pari al 20% della retribuzione, se vi è 1 solo lavoratore in eccesso; 50% della retribuzione, se il numero dei lavoratori assunti violando il limite va da due in su.
Diritto di precedenza
Il diritto di precedenza dev’essere espressamente richiamato nell’atto scritto di assunzione. Salvo che il contratto collettivo non preveda diversamente, chi ha lavorato più di sei mesi presso lo stesso datore ha precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato effettuate nei successivi 12 mesi con riferimento alle mansioni già espletate nei rapporti a termine (il diritto riguarda anche le nuove assunzioni a termine se si tratta di lavoratrici che hanno fruito del congedo di maternità durante il contratto). Occorre però che il lavoratore manifesti per iscritto la propria volontà in tal senso al datore entro sei mesi dalla data di cessazione del rapporto (entro tre mesi per gli stagionali, ai quali il diritto spetta per le medesime attività stagionali). Il diritto di precedenza si estingue dopo un anno dalla data di cessazione del rapporto.
Computo dei dipendenti
Salvo che sia diversamente disposto (come nel caso di assunzione di disabili), ai fini dell’applicazione di qualsiasi disciplina legale o contrattuale per la quale sia rilevante il computo dei dipendenti del datore, si tiene conto del numero medio mensile di lavoratori a termine, compresi i dirigenti, impiegati negli ultimi due anni, sulla base dell’effettiva durata dei loro rapporti di lavoro.
Ad esempio, nel caso di due lavoratori a termine con rapporti pari rispettivamente a 12 mesi per ciascuno nel corso degli ultimi 2 anni, si somma la durata di ogni rapporto (12 + 12 = 24 mesi) per poi dividere tale risultato per 24 (24 : 24 = una unità lavorativa): ne deriva che il numero medio mensile dei dipendenti impiegati nell’arco di 24 mesi è pari a una unità.
Impugnazione e conversione
Il primo termine di impugnazione, prima fissato in 120 giorni dalla cessazione del singolo contratto, è stato elevato a 180 giorni. Infine, se il giudice trasforma il contratto a termine in contratto a tempo indeterminato, condanna il datore a risarcire il danno al lavoratore stabilendo un’indennità onnicomprensiva tra un minimo di 2,5 e un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto.
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