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Dossier Autostrade per l’Italia non è proprietaria del software Tutor

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Dossier | N. 509 articoli Circolazione stradale

Autostrade per l’Italia non è proprietaria del software Tutor

(Ansa)
(Ansa)

Autostrade per l’Italia (Aspi) non è proprietaria nemmeno del software del Tutor. Lo dichiara il Tribunale delle imprese di Roma (sentenza 120/2019, depositata il 4 gennaio), pronunciandosi sul secondo fronte (il meno noto) del contenzioso sulla proprietà intellettuale del sistema in grado di controllare anche la velocità media. Una tesi contestata da Aspi, che sta valutando l’impugnazione della sentenza.

Il 10 aprile 2018 la Corte d’appello di Roma aveva sostanzialmente chiuso il primo fronte stabilendo che il gestore autostradale aveva contraffatto il brevetto del sistema, di proprietà di una piccola azienda toscana, la Craft (si veda «Il Sole 24 Ore» dell’11 aprile 2018).

Quella sentenza aveva portato allo spegnimento del Tutor il 20 aprile, poi riattivato parzialmente dal 27 luglio con un sistema nuovo la cui originalità però è contestata anch’essa e sarà al centro di un accesso agli atti al ministero delle Infrastrutture.

La sentenza del 4 gennaio riguarda invece il software del Tutor, che fu sviluppato dall’imprenditore di Latina Alessandro Patanè con due sue società. Patanè lamenta il mancato pagamento della commessa e ha promosso vari contenziosi contro Aspi, anche su questioni di proprietà intellettuale. Ci sono state anche querele presentate da ambo le parti. Aspi ricorda che nella causa decisa il 4 gennaio sono state respinte la querela di falso presentata da Patanè e la sua richiesta di un risarcimento da 7 milioni di euro.

Secondo il Tribunale delle imprese, Aspi e Autostrade Tech (società dello stesso gruppo cui il Tutor era stato volturato con una cessione di ramo d’azienda nel 2010) non hanno dimostrato il «fatto positivo contrario», ossia che la proprietà intellettuale del software del sistema fosse loro o comunque non di Patanè. Infatti, annotano i giudici, si sarebbero limitate a «dichiarazioni assertive in cui si rivendicava la “novità” del software» completamente riscritto nel 2008/2009, dopo che Patanè ha rivendicato le sue spettanze.

Secondo l’ufficio stampa di Aspi, il fatto che i giudici ritengano non compiutamente assolto l’onere della prova non fa comunque sembrare «corretta l’affermazione secondo la quale il Tribunale avrebbe accertato che Autostrade non sia la titolare del software del Tutor».

I giudici non hanno ritenuto sufficiente il fatto che negli ordini di acquisto Aspi avesse inserito la clausola «Proprietà intellettuale ed industriale», riservandosi di presentare domanda di brevetto: fino alla registrazione di quest’ultimo, la proprietà non è dimostrata. Anzi, la questione dei brevetti dimostrerebbe che la condotta processuale di Aspi «non appare essersi fondata appieno sui canoni di lealtà e probità» richiesti dall’articolo 88 del Codice di procedura civile, perché il ricorso deciso ora dalla sentenza fu presentato nel 2013, quando già pendeva da tempo il contenzioso con la Craft sul brevetto del sistema Tutor. Aspi ne aveva fatto solo «fugace menzione», nonostante fosse «ben consapevole» che il brevetto del software e quello dell’intero sistema fossero difficili da scindere.

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