Tempi strettissimi per l’avvio del reddito di cittadinanza che dal 5 marzo si potrà richiedere alle Poste, presso i Caf accreditati
e in via telematica qualche giorno prima (un sito ad hoc sarà predisposto a febbraio).
Secondo il cronoprogramma indicato dal vicepremier Luigi Di Maio, dal 27 aprile il sussidio verrà erogato agli aventi diritto,
attraverso una card che si ritirerà alle Poste. Ma la “fase 1”, quella prima del pagamento, già presenta numerose possibili criticità considerando che è coinvolta una platea di 1,7 milioni
di nuclei familiari (4,9 milioni di persone) potenzialmente beneficiaria del reddito di cittadinanza - in base ai requisiti
economici richiesti-, e che i richiedenti potrebbero essere anche di più.
PER SAPERNE DI PIÙ / DOSSIER REDDITO DI CITTADINANZA 2019
Dovrà essere l’Inps a predisporre il modulo di domanda, sentito il ministero del Lavoro, entro 30 giorni dall’entrata in vigore del decreto. Le informazioni contenute nella domanda sono comunicate all’Inps entro 10 giorni lavorativi dalla richiesta, a quel punto l’Istituto di previdenza avrà solo 5 giorni lavorativi per verificare il possesso dei requisiti d’accesso, in base alle informazioni disponibili nei propri archivi, ma anche dall’Anagrafe tributaria e dal Pubblico registro automobilistico e da altre amministrazioni.
Anche i Comuni - in attesa del completamento dell’anagrafe nazionale della popolazione residente - dovranno verificare i requisiti di residenza e di soggiorno e comunicarli all’Inps. Alla luce del prevedibile gran numero di richieste è una tempistica molto stretta per le amministrazioni coinvolte.
Una volta riconosciuto il diritto a percepire il sussidio, è previsto che entro 30 giorni il richiedente sia convocato al centro per l’impiego per firmare il “patto per il lavoro”. Tutti i componenti maggiorenni del nucleo familiare beneficiario del Rdc dovranno sottoscrivere la dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro entro i successivi 30 giorni, aderire ad un percorso personalizzato di accompagnamento al lavoro e all’inclusione sociale, dovranno registrarsi su una piattaforma digitale (Siupl) e consultarla quotidianamente come supporto nella ricerca del lavoro.
Dovranno anche svolgere una ricerca attiva rispettando un diario di attività settimanali, accettare una di tre offerte di lavoro “congrue” per non perdere il sussidio. L’obbligo riguarda tutti i componenti del nucleo familiare maggiorenni, non già occupati, che non frequentano un regolare corso di studi e di formazione (escluso chi ha almeno 65 anni, i disabili o i componenti che assistono figli di età inferiore a 3 anni, disabili o non autosufficienti).
È sufficiente che uno dei componenti non adempia a questi obblighi perché tutto il nucleo familiare perda il sussidio. La sfida è riuscire a offrire un percorso di tutoraggio “personalizzato” ai disoccupati che, fino a quando non verrà sensibilmente implementato l’organico dei centri per l’impiego e formato per i nuovi compiti, sarà molto difficile vincere.
Chi è in condizioni di disagio, invece, sempre entro 30 giorni dal riconoscimento del sussidio, verrà convocato dai servizi per il contrasto alla povertà dei Comuni, ma se dalla valutazione i bisogni del nucleo familiare e dei suoi componenti dovessero essere «considerati prevalentemente connessi alla situazione lavorativa» i servizi competenti saranno individuati presso i centri per l’impiego.
L’attuale misura anti povertà, il Rei, non potrà più essere chiesta da marzo. Ai soggetti già beneficiari del reddito di inclusione (perché riconosciuto prima di aprile 2019) il sussidio continuerà ad essere erogato per la durata inizialmente prevista, ma potranno far richiesta del reddito di cittadinanza.
Chi ottiene il reddito - sia se ha sottoscritto il patto di inclusione, sia il patto per il lavoro - sarà chiamato anche a partecipare a progetti utili alla collettività fino a 8 ore la settimana, organizzati dai comuni. Anche questo adempimento non appare privo di possibili criticità, visto che entro sei mesi dall’entrata in vigore del decreto, gli 8mila comuni dovranno avviare le procedure per istituire i progetti e comunicare le informazioni su una sezione della piattaforma informatica Siuss. La partecipazione è dunque condizionata all’attivazione dei progetti da parte dei comuni. La riuscita dei progetti comunali, così come le misure per favorire l’occupabilità, nei piani del governo serviranno a dimostrare che non si tratta di una misura assistenziale. Ma la risposta si conoscerà solo nei prossimi mesi.
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