L’importo della pensione ottenibile in quota 100 - introdotta dal decreto varato dal Governo il 16 gennaio e bollinato oggi 25 gennaio dalla Ragioneria per essere trasmesso al Quirinale - rispetto a quello della pensione anticipata classica può differire fino al 20% a scapito del primo, anche per effetto del metodo contributivo che, a partire dal 2012, è applicato alla generalità degli assicurati Inps. La differenza di quasi 5 anni di contribuzione rispetto al requisito della pensione anticipata per gli uomini e quasi 4 per le donne comporta una contrazione della quota contributiva dei due assegni, almeno teoricamente confrontabili, da tenere in considerazione.
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Va però tenuto conto di un altro elemento. Gli assicurati che oggi hanno 38 anni di contributi hanno versato la prima contribuzione presumibilmente entro il 1981. Questo dato va combinato con il fatto che il decreto legge non contiene, per quota 100, alcuna regola speciale di calcolo dell’assegno, lasciando immutate le norme generali. Di conseguenza, un lavoratore in questa situazione vedrà il proprio assegno liquidato con due metodi: fino al 1995 (incluso) con il metodo retributivo, a partire dal 1996 secondo il calcolo contributivo. Quest’ultimo restituisce una rendita direttamente proporzionale a tutti gli importi versati (montante contributivo) che si trasformano in pensione grazie all’applicazione di un coefficiente collegato all’età del pensionamento (più vantaggioso se si è più anziani).
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Inevitabilmente, l’assicurato che scelga quota 100 al posto della pensione anticipata, versando meno contributi rispetto all’alternativa di continuare fino al 2024 per raggiungere la pensione anticipata ordinaria, avrà una quota contributiva più bassa e di minor valore.
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Tuttavia la stessa persona avrà un assegno previdenziale determinato per più del 36% con il sistema retributivo. Per questo motivo quota 100 costituirà uno “scivolo” verso il pensionamento decisamente appetibile per quegli assicurati che prevedono un considerevole decremento dei propri tenori retributivi nei prossimi anni (ad esempio per la mancata corresponsione di alcuni incentivi o bonus o per la perdita di una indennità legata a una mansione non più assegnata).
Infatti il metodo retributivo, anche per i soggetti che godono di un calcolo misto, liquida le proprie quote di pensione sulla base della media delle retribuzioni lorde rivalutate rispettivamente dell’ultimo quinquennio (quota a) e decennio (quota b) trasformandole in pensione con una aliquota di rendimento decrescente con la media reddituale.
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In parole povere, il retributivo non tiene conto di tutta la storia contributiva dei lavoratori, ma si focalizza sull’ultima parte delle loro carriere, trasformando la media retributiva in pensione. Per chi prevede un decremento retributivo di rilievo tale da impattare sulla media quinquennale e decennale delle proprie retribuzioni e, conseguentemente sulla quota retributiva della pensione, quota 100 potrà dunque costituire una insperata clausola di salvaguardia che consentirà non solo di anticipare l’assegno, ma di metterlo al riparo da un possibile decremento. Oltretutto, una volta maturati i requisiti entro il 2021, l'opzione per Quota 100 potrà essere attivata anche successivamente.
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