L’ecobonus potrebbe cambiare presto. O, meglio, il sistema di incentivi ed ecotassa in vigore da domani potrebbe essere affiancato da altre misure più favorevoli ai costruttori d’auto: ieri, mentre le associazioni di categoria tornavano all’attacco contro le nuove norme, la Camera ha approvato col parere favorevole del Governo una mozione che prevede uno scaglionamento dell’ecobonus e contributi statali anche all’acquisto di usato Euro 5 ed Euro 6 (che però va incontro a una messa al bando nelle grandi città, a cominciare dalle Euro 5 a Milano dal 2022). Il tutto mentre l’entrata in vigore di ecobonus ed ecotassa per domani si preannuncia come solo teorica, a causa di varie incertezze applicative su cui si dovrebbe fare chiarezza solo nei giorni successivi.
La mozione presentata dalla maggioranza sembra il frutto di una volontà di revisione dei meccanismi ancora in fase di varo, anticipata da un’intervista del sottosegretario allo Sviluppo economico, Dario Galli (si veda Il Sole 24 Ore del 24 febbraio). Questa revisione viene incontro soprattutto alle esigenze del costruttore nazionale. Non solo perché Fca viene espressamente citata nella mozione, ma anche perché si prevedono finestre temporali nell’erogazione dell’ecobonus, cosa che potrebbe ritardare la spesa dei fondi già stanziati spostandola in parte verso l’inizio dell’anno prossimo, quando Fca dovrebbe lanciare il suo primo modello ibrido plug-in (quindi incentivabile), la Jeep Renegade.
Le finestre temporali sono in effetti previste nelle bozze del decreto interministeriale attuative dell’ecobonus, la cui pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale è attesa da un giorno all’altro. Se non avverrà entro stasera, non potrà essere aperta la piattaforma telematica su cui prenotare il contributo e chi effettua un acquisto dovrà “recuperare” quando il meccanismo diverrà realmente operativo.
Non lo sarà nemmeno l’ecotassa: manca un provvedimento di legge che fissi i termini di pagamento.
Nel frattempo, si attende un chiarimento dall’agenzia delle Entrate sull’ecotassa dovuta anche sui veicoli leggeri già immatricolati all’estero: in questo caso, la legge di Bilancio prevede che il tributo vada pagato anche se il veicolo non è stato appena acquistato (quindi anche da italiani che rimpatriano o da stranieri che spostano in Italia la residenza o già vi risiedevano e ora sono incappati nelle maglie del decreto sicurezza). Il problema è che sulla targatura in Italia (la cosiddetta nazionalizzazione) alcune sedi della Motorizzazione hanno arretrati fino a 40 giorni, per cui l’ecotassa toccherebbe anche chi ha presentato domanda a gennaio.
Ieri la Motorizzazione, di fronte alle chiusure delle Entrate, ha scritto all’Agenzia invitandola formalmente a considerare la data in cui l’immatricolazione è stata chiesta. Informalmente il sottosegretario all’Economia, Massimo Bitonci, ha espresso una disponibilità. Ma non si sa con che esito.
Ci sono anche problemi pratici: su non pochi veicoli da nazionalizzare, i documenti non riportano le emissioni di CO2, cui l’ecotassa è parametrata. Capita soprattutto per quelli da targare come esemplare unico in deroga alle norme tecniche Ue. (M.Cap. e C.Fo.)
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