Chi appone la sua targa personale su un ciclomotore rubato commette il reato di riciclaggio. Lo ha chiarito la Seconda sezione penale della Cassazione, con la sentenza 8788/2019, depositata il 28 febbraio. Quindi, anche in questo caso le sanzioni penali si possono aggiungere a quella amministrativa prevista dall’articolo 97 del Codice della strada. Finora, invece, si riteneva perlopiù che la sanzioni penali scattassero solo nel caso in cui la targa apposta sul mezzo rubato fosse falsa, manomessa o alterata (sentenza 7621/2008).
L’articolo 97 prevede per i ciclomotori un regime di targa personale, entrato in vigore il 14 luglio 2006 al posto del precedente che prevedeva un contrassegno (noto come “targhino”), spostabile a piacimento da un veicolo a un altro. La targa personale delineata dalla norma si avvicina al regime previsto per tutti gli altri veicoli, per i quali la targa è attribuita al mezzo e non al proprietario: essa può essere spostata da un ciclomotore a un altro solo se il nuovo abbinamento viene fatto registrare alla Motorizzazione, per cui lo spostamento può avvenire solo quando il precedente veicolo viene venduto, demolito o rubato.
In questo contesto, il protagonista del processo aveva acquistato un ciclomotore rilevandone anche la targa, che però poi aveva smontato per metterla su un altro mezzo della stessa categoria, ma rubato. Per questo motivo era stato condannato già in appello.
La Cassazione ha confermato, partendo dalla considerazione che il riciclaggio è configurato dall’articolo 648 del Codice penale in modo da colpire tutte le possibili fattispecie: basta che la condotta sia «comunque idonea» a rendere difficile l’accertamento della provenienza del bene. Nel caso dei veicoli rubati in generale, ciò era stato tradotto nella perseguibilità della sostituzione della targa, «condotta univocamente diretta ad ostacolare l’identificazione delittuosa» del mezzo.
Ora la Corte adatta questo concetto al particolare regime di targatura previsto per i ciclomotori. E osserva che, per quanto la targa non propria sia stata legittimamente assegnata a un soggetto che poi la abbina a un altro esemplare senza registrare l’operazione, tale abbinamento comunque «produce l’effetto di ostacolo all’identificazione della provenienza del bene». Anche l’apparenza di legittima disponibilità del veicolo fornita dal fatto che la targa sia originale e non risulti rubata «costituisce un primo ostacolo».
Con ciò la Cassazione risponde all’obiezione della difesa, che si era limitata a notare che il regime della targa dei ciclomotori è personale, lasciando in secondo piano il fatto che comunque ogni cambio di abbinamento deve essere registrato e che la versione dell’articolo 97 del Codice della strada ha dichiaratamente anche uno scopo antiriciclaggio.
La conclusione è che, affinché si possa configurare il riciclaggio di un ciclomotore, non è necessario che esso venga fatto circolare con una targa falsa: è sufficiente «l’incompatibilità giuridica tra la titolarità della targa (regolarmente detenuta e intestata, ndr) e quella del veicolo su cui viene apposta».
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