Dichiarando incostituzionale - due settimane fa - la revoca obbligatoria della patente in casi in incidente con morti o feriti gravi, la Consulta ha “spiazzato”anche la Cassazione. Che quest’anno si è pronunciata in senso contrario: con la sentenza 1719/2019, ha ritenuto che la sanzione amministrativa accessoria a una sentenza di condanna, o patteggiamento, per omicidio stradale o lesioni stradali gravi e gravissime, fosse solo la revoca della patente di guida, non commisurabile dal giudice penale.
In futuro, alla luce dei paletti messi dalla Corte costituzionale, la regola varrà solo per gli incidenti causati da alcol o droghe, non anche in presenza delle altre violazioni del Codice della strada previste dalla legge sull’omicidio stradale come aggravanti (sorpassi azzardati, circolazione contromano, passaggio col rosso, velocità spropositata). Ciò potrebbe avere conseguenze anche sulle misure dell’inibizione al conseguimento di una nuova patente o del divieto di guida sul territorio nazionale per i titolari di patente straniera (articolo 222, commi 3-bis, ter e quater, del Codice della strada).
Queste misure – per la Cassazione - non possono essere applicate dal giudice, ma dal prefetto, dopo che la sentenza penale è passata in giudicato. E hanno durata diversa secondo la tipologia di reato stradale accertato, in base agli scaglioni tassativamente previsti dall’articolo 222, comma 3.
Ma ora lo scenario è cambiato: riconosciuta dalla Consulta la discrezionalità del giudice penale sulla sanzione accessoria applicabile ai reati di omicidio e lesioni stradali gravi e gravissime non determinate da alcol o droghe, pare opportuno un intervento di coordinamento – la cui necessità potrebbe già manifestarsi dalle motivazioni della sentenza della Consulta, che dovrebbero essere pubblicate entro fine mese – che agevoli le Prefetture nel loro lavoro. Infatti, nel caso in cui il giudice penale deciderà la sospensione della patente e non la revoca - ad esempio per un omicidio stradale determinato dalla circolazione contromano del conducente di un veicolo a motore - il prefetto non potrà certamente applicare l’obbligo di inibizione oggi previsto dall’articolo 222 comma 3-bis. Tuttavia, qualora il giudice – nello stesso caso – disponga la revoca della patente, c’è da chiedersi perché il prefetto debba essere obbligato a irrogare il periodo di inibizione tassativamente previsto dall’articolo 222 comma 3-bis, e non beneficiare della stessa discrezionalità che la Consulta ha ora riconosciuto al giudice penale.
Non sembra invece destinato a mutare l’orientamento consolidatosi in tema di prescrizione delle sanzioni accessorie a un reato stradale, revoca della patente o sospensione che sia. In proposito, va segnalato che, da ultimo con la sentenza 2618/19, la Cassazione ha spiegato che il periodo di prescrizione delle sanzioni accessorie all’accertamento di un reato stradale, è diverso – e ben più lungo - di quello che deriva da una violazione amministrativa del Codice della strada (come un eccesso di velocità). Nel primo caso la prescrizione della sanzione accessoria è pari a quella del reato, ed è soggetta agli stessi periodi di interruzione e sospensione. Nel secondo caso è di cinque anni a partire dalla data dell’infrazione.
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