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Cambiare l’Europa è facile. Ma solo a parole

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Cambiare l’Europa è facile. Ma solo a parole

Vincere le elezioni europee per cambiare l’Europa. Lo vogliono un po’ tutti i partiti, in Italia (Sole 24 Ore, martedi 14 maggio). E, del resto, che l’Europa, attaccata e divisa dal ciclone Trump, dalla mano pesante russa e dall’espansionismo cinese, sia rimasta ferma, a corto di idee nuove e di riforme, è un fatto. La spinta sovranista interna, piaccia o no, è a sua volta frutto dell’euro-paralisi e dello scontento dei cittadini europei.
Il governo italiano è in prima fila nella richiesta di cambiamento.

GUARDA IL VIDEO / Salvini rilancia sul 3%. Di Maio accusa, fai salire lo spread

Smessi toni e piani da Euro-exit, smussati gli angoli più acuti, il quadro è mutato. A tal punto che nell’aspra contesa interna Di Maio-Salvini il primo definisce “irresponsabile” il secondo per le dichiarazioni sullo sforamento della regola europea del 3% nel rapporto tra deficit e pil che hanno fatto impennare lo spread. Terreno sul quale l’Italia continua peraltro a pagare un prezzo altissimo.
La regola del 3% è nel mirino della Lega, assieme a un cambio (o cancellazione?) della direttiva europea sulle banche (ma per quale, per l’esattezza?). L’altro ieri il capogruppo della Lega alla Camera, Riccardo Molinari, è tornato poi sull’idea che «la Ue è penalizzata dalla concorrenza interna e bisogna cambiare i Trattati per creare lavoro». Il Mov5 Stelle prospetta una riforma del mandato della BCE in chiave pro-crescita e come prestatore di ultima istanza sul mercato primario dei titoli di Stato. Ambedue, Lega e Mov5 Stelle, insistono poi per una “golden rule” per lo scomputo dal calcolo del deficit degli investimenti in infrastrutture, sicurezza, istruzione, ricerca.

Vincere, e poi cambiare tutto in Europa, Trattati compresi? L’impresa è titanica e la strada in salita. Primo perché bisognerà innanzitutto verificare dati alla mano dove sarà arrivata, o non arrivata, l’onda politica sovranista e che alleanze potranno essere messe in pista. Secondo perché anche nella procedura di “revisione semplificata” dei Trattati (che evita di convocare una convenzione europea e una conferenza intergovernativa) accordata per la politica economica e monetaria il Consiglio europeo decide all’unanimità dopo aver consultato la Commissione, il Parlamento europeo e la BCE se la revisione riguarda le questioni monetarie. Le modifiche dei Trattati entrano infine in vigore solo se ratificate (dai parlamenti nazionali o addirittura dai referendum popolari per alcuni) da tutti i paesi della UE.

Vincere il 26 maggio (politicamente) è un presupposto. Cambiare dall’oggi al domani l’Europa è un discorso comunque più complesso, che la propaganda non risolve.

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