Era fra i reati per i quali si sarebbe dovuto procedere solo su querela di parte e invece è rimasto procedibile d’ufficio. Per questo sulle lesioni personali stradali, introdotte poco più di tre anni fa dalla legge 41/2016 assieme all’omicidio stradale, il Tribunale di Milano (Quinta sezione penale, ordinanza del 24 maggio) ha sollevato questione di legittimità costituzionale davanti alla Consulta. I dubbi riguardano solo l’ipotesi in cui le lesioni derivino da un’infrazione “comune” al Codice della strada (nel caso dell’ordinanza, una mancata precedenza) e non da violazioni gravi come quelle su alcol o droga.
Situazioni «prive - si legge nell’ordinanza - di quel peculiare disvalore che caratterizza le condotte di guida più azzardate e pericolose» e in cui per soddisfare le esigenze di risarcimento della vittima (e contemperarle col diritto di imputati accusati di fatti non gravi) può bastare la polizza Rc auto, che è obbligatoria. Anzi, quando c’è un processo il risarcimento diventa più lento.
Tutto ciò va visto nell’ottica della deflazione dei processi, cercata con la riforma penale fatta nella scorsa legislatura (legge 103/2017), che delegava il Governo alla «più ampia estensione sistematica del regime di procedibilità a querela», prevedendola per i reati contro la persona puniti con pena pecuniaria o detentiva non superiore nel massimo a quattro anni. Salvo che per la violenza privata e i reati contro il patrimonio o quando il danno è di rilevante gravità oppure la persona offesa è incapace per età o infermità. Quest’ultimo caso aveva indotto il Governo a escludere le lesioni stradali dai reati da far diventare a querela di parte, quando ha esercitato la delega (Dlgs 38/2018).
Ma per il giudice di Milano la legge 103/2017 si riferiva a infermità precedenti al sinistro (e il pm ha aderito a questa tesi). Di qui la questione di legittimità per possibile violazione all’articolo 76 della Costituzione (quello sulla delega legislativa)
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