Se si dovesse immaginare il massimo delle agevolazioni fiscali possibili sui veicoli, si penserebbe ai disabili che scelgono l’elettrico: una categoria di utenti svantaggiati (e per questo già titolari di agevolazioni) e mezzi ufficialmente ritenuti i più ecologici, tanto che da marzo beneficiano dell’ecobonus. Eppure nella normativa fiscale attuale per i disabili gli unici veicoli esclusi dal beneficio più sostanzioso, l’Iva ridotta al 4%, sono proprio quelli elettrici. E un tentativo per rimediare è appena andato a vuoto.
Attualmente l’articolo 8 della legge 449/1997 prevede di diritto all’Iva ridotta al 4% esclusivamente se acquistano mezzi con motore tradizionale: a benzina oppure a gasolio. Una restrizione figlia dei tempi in cui la norma è stata scritta: vent’anni fa, l’elettrico era confinato a pochissimi modelli, sostanzialmente prototipi. Ma oggi la restrizione pare un’anomalia.
Ecco il motivo di un emendamento al decreto Crescita (Dl 34/2019, atto Camera 1807), il 13.011, presentato dal deputati M5S Donno, Faro e Trano. Ma, complici le tensioni nella maggioranza, l’emendamento è stato accantonato. Almeno per ora.
In ogni caso, non sarebbe stata un’applicazione dell’aliquota ridotta anche ai veicoli elettrici, bensì uno sconto compensativo pari al 18% dell’Iva, sotto forma di buono erogato dall’Inps a chi presenti «idonea documentazione» che dimostri l’acquisto di una motocarrozzetta, un’autovettura o di un motoveicolo o autoveicolo per trasporti specifici o promiscui.
Sono gli stessi tipi di veicoli che, quando hanno un motore a gasolio o a benzina, hanno diritto all’Iva ridotta. Identico anche il requisito fondamentale: il mezzo deve aver subito adattamenti in funzione della disabilità dell’interessato.
La platea sarebbe però stata ristretta: i buoni sarebbero stati finanziati da un fondo di 2 milioni di euro annui, tolti dalle risorse destinate al reddito di cittadinanza. L’Inps avrebbe dovuto monitorare l’andamento della spesa e bloccare l’erogazione poco prima dell’esaurimento dei fondi.
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