Zitto zitto, l’autocarro di comodo (noto anche come “falso” o “antifisco”) è tornato. In un mercato dell’auto che ha iniziato l’anno in calo, le immatricolazioni di veicoli che di fatto sono vetture ma ufficialmente sono classificate autocarri (con annessi vantaggi di deducibilità e detraibilità fiscale) viaggiano sulle 4mila unità al mese. Quasi il doppio di inizio 2015. Ma restano tutti i vincoli sull’inerenza fiscale e del Codice della strada sulle modalità di utilizzo del veicolo.
Alla base della crescita di questi anni, desunta dal Sole 24 Ore in base alle elaborazioni di Dataforce sulle immatricolazioni di autocarri di massa fino a 3,5 tonnellate e con più di tre posti, sembrano esserci due fattori: il superammortamento e la disponibilità di modelli non toccati dai tre vincoli antielusivi fissati dal Dl 223/2006 su tipo di carrozzeria (non deve essere F0 - “furgone”), numero di posti a sedere (non devono essere più di tre) e rapporto potenza/portata (deve essere minore di 180).
Gli autocarri che non rispettano questi vincoli si considerano, a fini fiscali, come autovetture. Ma basta che rispettino anche uno solo dei tre vincoli per essere considerati autocarri a tutti gli effetti. Il vincolo sui cui si agisce è il rapporto potenza/portata, rinunciando a trasformare in autocarro le versioni con i motori più potenti.
È così che, per esempio, la Volvo è riuscita a ricavare versioni autocarro di tutta la sua gamma (eccetto la grande XC90), con potenze accettabili (da 120 a 150 cavalli).
Inoltre, le trasformazioni in autocarro sono state rese più facili. Da un lato, l’attuale direttiva europea 2007/46 ha fatto cadere l’obbligo di divisorio fisso tra abitacolo e vano bagagli, per i modelli con versione autocarro omologata a livello continentale. Dall’altro lato, le omologazioni nazionali (per piccole serie) delle trasformazioni da autovettura ad autocarro (di solito effettuate da allestitori) sono state snellite il 7 agosto 2018 dalla circolare 19279/Div3/C della Motorizzazione, che consente di derogare ai parametri Ue non riguardanti sicurezza ed emissioni inquinanti, cioè le caratteristiche geometriche. Un ok a difformità sulle dimensioni del portellone e sul rapporto tra la lunghezza del vano di carico e le sue dimensioni complessive. Così hanno ottenuto omologazioni Peugeot, Opel, Citroen, Land Rover, Kia, Renault, Toyota, Ford e, in parte, Volvo (per i modelli non omologati Ue).
Altri costruttori si stanno aggiungendo, man mano che completano le riomologazioni delle autovetture necessarie per il passaggio ai cicli di prova Wltp per consumi e Co2 e Rde per gli ossidi d’azoto. Ma, a fronte di questi allentamenti delle norme tecniche, resta la rigidità di quelle fiscali e di circolazione. Per fruire di deducibilità e detraibilità piene occorre sempre rispettare il principio di inerenza, cosa ardua per quelle che di fatto sono auto utilizzate anche o soprattutto nel tempo libero. Quanto alla circolazione, un autocarro resta definito dal Codice della strada (articolo 54, comma 1, lettera d) come un autoveicolo destinato «al trasporto di cose e delle persone addette all’uso o al trasporto delle cose stesse»: la parola «addette» fa pensare all’ambito lavorativo (il che tra l’altro esclude che a bordo possano esserci bambini). Scattano quindi le sanzioni previste dall’articolo 82, comma 8: multa di 87 euro e sospensione della carta di circolazione.
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