La liquidazione separata del danno morale rispetto a quello biologico è di per sé legittima. Lo ha ribadito l’ordinanza 8755/2019 della Terza sezione della Cassazione, in linea con il recente orientamento delineato dalla sentenza 901/2018 e dall’ordinanza 7513/2018, nota come decalogo della Cassazione sulla liquidazione del danno non patrimoniale. Ma ciò crea disparità di trattamento rispetto a pronunce che seguono i princìpi enunciati dalle Sezioni unite nel 2008, recepiti anche dalle tabelle di riferimento, quelle del Tribunale di Milano, che nei valori monetari includono anche la sofferenza media patita dai danneggiati.
L’orientamente recente enuncia questo principio: «Non costituisce duplicazione risarcitoria la congiunta attribuzione di una somma a titolo di danno biologico e di un’ulteriore somma per i pregiudizi che non hanno fondamento medico-legale rappresentati dalla sofferenza morale interiore che si colloca nella dimensione del rapporto del soggetto con sé stesso». L’ultima ordinanza che lo ha affermato riguarda un incidente stradale con concorso di colpa, per il quale il Tribunale di Roma aveva condannato l’assicurazione a risarcire il danno non patrimoniale rappresentato dal danno biologico e dal danno morale in misura del 10% del danno biologico. Il danneggiato aveva presentato appello, vincendo, anche per la percentuale minima di danno morale.
Di qui il ricorso della compagnia in Cassazione, sostenendo, tra l’altro, che ci fosse stato un errore nella sentenza, per aver liquidato separatamente una somma a titolo di danno morale senza chiarire gli elementi che lo giustificassero e quindi in contrasto con le Sezioni unite (sentenze 26972, 26973 e 26974 del 2018). Ma ora la Terza sezione evidenzia che la Corte d’appello, se pur in modo estremamente sintetico, aveva motivato, precisando che il «danno morale non deve intendersi come categoria autonoma ma come figura descrittiva di un aspetto del danno non patrimoniale ex articoli 1226 e 2056 del Codice civile».
Inoltre la Terza sezione richiama la Corte Costituzionale (sentenza 235/2014) e le modifiche apportate dagli articoli 138 e 139 del Codice delle assicurazioni dalla legge concorrenza (124/2017), per cui ora occorre distinguere il danno dinamico relazionale causato dalle lesioni da quello morale e valutare e liquidare sepratamente questi due aspetti del danno.
In pratica oggi, nella giurisprudenza di merito e di legittimità, coesistono due anime: la prima ritiene che la sofferenza interiore conseguente alla lesione della salute vada valutata e liquidata unitariamente al danno biologico, la seconda muove dal presupposto che la sofferenza interiore sia una componente del danno non patrimoniale autonoma rispetto al danno biologico, in base anche all’articolo 138 del Codice.
La speranza è che una sezione semplice della Cassazione formalizzi il suo dissenso dai princìpi affermati dalle sentenze del 2008 e che le Sezioni Unite si pronuncino nuovamente e decidano quale dei due orientamenti oggi esistenti sia quello applicabile.
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