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Nei campi di grano si coltiva la qualità

L'Abruzzo non è il «granaio d'Italia», come la Capitanata, ma può vantare una secolare tradizione molitoria e pastaria, sostenuta e tramandata da aziende di trasformazione di primo piano, sui mercati interni e internazionali.
Le superfici seminate a frumento in questa regione, infatti, rappresentano il 2,8% di quella totale nazionale. Parliamo di poco più di 20.500 ettari a grano tenero (dati Istat 2013), a fronte dei 611mila coltivati in Italia. E di 32mila ettari a grano duro, su un totale di un milione 271mila ettari.

Con una concentrazione di «tenero» che solo in provincia di Teramo, con oltre 17mila ettari, sfiora l'83% della superficie complessiva regionale. Mentre circa la metà delle aree seminate a grano duro (16mila ettari) si trova in provincia di Chieti, seguita dal Teramano con 10mila ettari e dal Pescarese con quasi 6mila ettari.
Con una resa media che può raggiungere i 40 quintali per ettaro, quest'anno la produzione di grano duro è stimata in circa 500mila quintali. Grano di qualità, in ogni caso, particolarmente indicato per la produzione di pasta. «In Abruzzo – spiega il direttore dell'Istituto sperimentale per la cerealicoltura di Roma, Maria Grazia D'Egidio – monitoriamo ormai da una quindicina d'anni diverse aziende, con piani di campionamento dei parametri di qualità della granella, quali peso ettolitrico, peso mille semi e contenuto in proteine, che riguardano varietà di frumento duro ormai storiche, come Creso, Svevo, Simeto, Claudio, Quadrato, oltre ad altre di più recente costituzione, come Aureo e Normanno».

E che si tratti di grani con standard di qualità elevati lo si deduce dalla costante richiesta da parte delle aziende di trasformazione e dall'assistenza a tutto campo, anche lungo la filiera cerealicola, fornita dal Consorzio agrario d'Abruzzo e Molise (Cadam). «Nel nostro comprensorio abbiamo due mercati distinti – racconta il responsabile commerciale del Consorzio, Giacomo Di Pietro – Il primo ruota attorno al contratto di filiera sottoscritto da tre anni a questa parte dagli agricoltori con Barilla».
Un contratto che lega al gruppo alimentare parmense circa 1.500 conferitori del Consorzio agrario per 80mila quintali di grano duro l'anno. «Noi del Consorzio – spiega Di Pietro – garantiamo la tracciabilità del prodotto, a partire dalle sementi che forniamo agli agricoltori, allo stoccaggio al mulino di destinazione». Tutto questo con un disciplinare di produzione e un contratto di coltivazione che da parte degli agricoltori abruzzesi prevede forniture mensili, predeterminate in volumi e qualità, ai molini Barilla di Castelplanio (Ancona) e Altamura (Bari).

«Accanto a questo contratto di filiera – continua Di Pietro – che riguarda circa il 40% del grano duro abruzzese, si sviluppa poi un mercato libero, che interessa il restante 60% della produzione, dove il Consorzio agrario garantisce comunque le analisi». Un servizio al quale, sempre nel settore cerealicolo, si aggiunge un progetto cofinanziato dall'Unione europea – «Durabruzzo» – che il Cadam porta avanti da due anni con la Regione, il Cotir (ente scientifico specializzato nelle analisi) e l'azienda De Cecco per individuare e coltivare nuove varietà di grano duro.

Proprio il Gruppo De Cecco, storica azienda fondata nel 1883, leader nel segmento premium delle paste alimentari (è il terzo produttore di pasta al mondo), attiva anche nell'olio extravergine di oliva, nei sughi pronti e derivati del pomodoro, è uno dei fiori all'occhiello della filiera cerealicola abruzzese. Una delle imprese di trasformazione di questa regione (una dozzina quelle aderenti a Italmopa, un paio ad Aidepi, le due associazioni di categoria di Federalimentare) che dai due stabilimenti di Fara San Martino e Ortona (Chieti) esporta pasta certificata in oltre 120 paesi, con un fatturato 2012 di 393 milioni (+5% rispetto all'anno precedente).
Tra le aziende di spicco del settore, con sede sempre a Fara San Martino, anche il pastificio Delverde. Un brand coniato da maestri pastai che si tramandano i loro segreti di padre in figlio dal 1800. E che attualmente vale 30 milioni di fatturato all'anno, di cui il 45% realizzati in 65 mercati esteri.

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