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Questo articolo è stato pubblicato il 29 ottobre 2013 alle ore 10:52.
L'ultima modifica è del 29 ottobre 2013 alle ore 11:40.

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Fuori dall'anonimato. L'olio d'oliva made in Lazio è forse il prodotto agricolo regionale che più di altri, negli ultimi anni, è riuscito a costruire un'identità propria, ad affermare le specificità delle diverse aree e in genere la propria qualità. L'olivicoltura nel Lazio investe circa 86mila ettari di superfici, il 7,2% degli uliveti attivi in Italia. Gli olivicoltori sono 128mila e di questi circa 1.380 sono ricompresi nel circuito delle 4 Dop dell'olio d'oliva attive in regione. I frantoi sono oltre 300 e la produzione dello scorso anno si è fermata (a causa delle difficili condizioni meteo) a quota 17mila tonnellate, con un calo del 40% rispetto all'anno precedente.

L'olio d'oliva del Lazio però, nonostante i numeri di tutto rispetto, è sempre rimasto nell'ombra, e le sue grandi aree vocate, dalla Sabina alla Tuscia, da Canino alle colline Pontine, fino a pochi anni fa erano conosciute solo fra gli addetti ai lavori.

Adesso invece il tanto atteso salto di qualità con una crescente visibilità sui mercati grazie anche alla vera e propria incetta di premi oleari. «Gli oli laziali negli ultimi 7–8 anni – spiega Giampaolo Sodano, un passato da dirigente Rai, da quasi quindici anni appassionato frantoiano a Vetralla in provincia di Viterbo, vicepresidente dell'Associazione italiana frantoi oleari – sono letteralmente esplosi in termini di notorietà sul mercato. Il caso più significativo è quello della varietà Itrana che fino a non molto tempo fa era a malapena conosciuta come la cultivar delle olive di Gaeta e oggi invece è considerata una grande varietà da olio da cui deriva un'extravergine dalla spiccata personalità. Oppure basta guardare a cosa è successo nella Tuscia. Un'area di punta per l'olivicoltura di qualità ma dove, quando nel '99 ho avviato la mia attività di frantoiano, non c'era neanche un'azienda con una propria etichetta. E come fa – mi sono chiesto – un extravergine ad essere conosciuto sul mercato se non c'è neanche un'etichetta? Oggi, fortunatamente ce ne sono decine».

«L'olivicoltura del Lazio è uscita dall'anonimato – spiega il presidente dell'Unaprol, Massimo Gargano – puntando sulla grande qualità delle 4 Dop regionali e grazie al lavoro di organizzazioni come la Op Latium che ha favorito la concentrazione del prodotto. Anche Unaprol–Consorzio olivicolo italiano ha fatto la propria parte, coniugando la crescita delle imprese (con investimenti sulla formazione e la promozione) con le garanzie sul prodotto per i consumatori. E, a breve, lanceremo anche un'innovativa piattaforma per l'e–commerce».

Continua intanto "frantoi aperti", con vendite dirette e visite guidate in azienda in occasione della nuova campagna olivicola. Fra le varie manifestazioni dell'edizione 2013 nel Lazio va ricordato il prossimo 9 novembre, presso l'azienda Cerrosughero di Laura de Parri a Canino (Viterbo), l'appuntamento con "Un giorno al frantoio".

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