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Falsa voluntary: arriva il primo sequestro deciso da un Tribunale italiano

(Fotogramma)
(Fotogramma)

È il primo sequestro (da 9 milioni di euro) disposto da un Tribunale italiano per una falsa voluntary disclosure. La decisione del Gip di Bergamo (confermata dal locale tribunale del Riesame) è il frutto dell’inchiesta del pm Nicola Preteroti e del procuratore capo Walter Mapelli. Riguarda il tentativo di Carmen Testa, vedova di un imprenditore orobico morto nel 2007, di rimpatriare dalla Svizzera una parte del tesoro occultato dal defunto marito, Pio Giuseppe Previtali, a suo tempo ribattezzato dai cronisti il «nullatenente con la Ferrari».

Previtali non era sopravvissuto alla tensione di un’indagine aperta sul suo conto per una truffa ai danni dello Stato da decine di milioni di euro, evasione fiscale e profitti da bancarotta fraudolenta per 16 milioni di euro, che aveva portato a una condanna neo suoi confronti emessa dal Gip di Milano nell’aprile del 2004.

Il suo denaro però aveva trovato rifugio in Svizzera, a Lugano, presso la Bsi, Banca della Svizzera Italiana, già gruppo Generali. Ed è proprio una parte di quei soldi, lasciati in Canton Ticino, (9,1 milioni di euro appunto ) che la consorte di Previtali, Carmen Testa, ha tentato di rimpatriare avvantaggiandosi delle agevolazioni previste dalla voluntary disclosure.

Non prima di avere dichiarato sotto la propria responsabilità che quel denaro non aveva avuto altre origini delittuose se non quelle tipiche dell’evasione fiscale. Secondo gli inquirenti però quel denaro sarebbe stato provento di ben altre fattispecie penali.

Ed è stato anche grazie all’intercettazione di un’incauta telefonata tra i protagonisti della vicenda che i militari della Guardia di Finanza hanno appreso dell’esistenza di una corposa documentazione sulle società coinvolte nella bancarotta commessa da Previtali rimasta per anni nascosta in un’intercapedine nella stanza di un familiare. Una successiva perquisizione aveva effettivamente fatto scovare quei documenti.

Gli inquirenti sono anche convinti che la Testa, nonostante le dichiarazioni rese in sede di interrogatorio, fosse consapevole dell’origine illecita di quelle somme. E che, dunque, fosse dall’inizio consapevole di quanto stava accadendo.

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