Un cubo di Rubik. La vertenza dei ristori dei risparmiatori coinvolti nei dissesti di Banca popolare di Vicenza, Veneto Banca e delle quattro banche «risolte» (CariChieti, Carife, Banca Marche e Banca Etruria) è apparsa da subito come un vero rompicapo normativo e burocratico. Anche se ieri nel corso della riunione al ministero dell’Economia tra il vicepremier Matteo Salvini, il sottosegretario all’Economia Alessio Villarosa e una folta rappresentanza di legali e associazioni di tutela dei risparmiatori, a prevalere è stato l’ottimismo.
Tutti gli obbligazionisti delle banche finite in risoluzione e in liquidazione che hanno comprato titoli allo sportello - hanno rassicurato il vicepremier Salvini e il sottosegretario Villarosa - riceveranno rimborsi di almeno il 90% delle perdite subite. Salvini in particolare ha affermato di essere determinato «a usare i gomiti come un giocatore di rugby anche in Europa per difendere i risparmiatori azzerati».
In realtà però, nella sala del Parlamentino del Mef, durante la «cabina di regia», così è stata battezzata la riunione (durata oltre tre ore) si è tenuto un vero e proprio tavolo di consultazione, nel corso del quale sono sono state presentate la bellezza di 76 proposte per altrettanti emendamenti all’articolo 38 della legge di bilancio 2019 che ha previsto stanziamenti per 1.575 milioni dal 2019 al 2021 per il ristoro dei risparmiatori da gestirsi con l’ausilio dell’Arbitro per le controversie finanziarie della Consob. Prima tra tutte quella della cancellazione del tetto al rimborso previsto in origine: 100mila euro per ogni singolo azionista e obbligazionista. Una soglia che, soprattutto per i detentori di azioni delle due ex popolari venete, appariva troppo conservativa. Assai condivisa anche la proposta originaria dell’Associazione vittime del Salvabanche, fatta propria anche dall’avvocato Sergio Calvetti, che prevede la cancellazione alla rinuncia a intraprendere azioni legali da esercitare contro soggetti ritenuti responsabili del disastro anche successivamente al ristoro.
Alcune delle proposte dell’associazione degli Amici della Carife, poi, hanno mirato a distinguere, nel corso delle procedure, i risparmiatori da altri soggetti difficilmente assimilabili a quella categoria, escludendo questi ultimi dai rimborsi. L’avvocato Letizia Vescovini, impegnata in prima linea sull’intero fronte bancario, ha tenuto a sottolineare l’importanza dell’ipotesi del rimborso integrale per gli obbligazionisti che hanno comprato i titoli direttamente o dalle controllate «soprattutto con la possibilità, per chi ha avuto la propria istanza respinta da parte dell’Acf, di potere vederla riammessa». Per gli azionisti si chiede poi che sia previsto un rimborso al 30% a titolo di acconto che verrà potenzialmente incrementato sulla base delle risorse disponibili. Importante anche l’inclusione al “riparto” degli azionisti delle banche venete che hanno accettato la transazione iniziale del 15% e che potrebbe salire di un ulteriore 15% (sempre a titolo di acconto). «Inoltre - aggiunge Vescovini - si sta cercando il modo di semplificare l’istanza e che venga rimessa all’organismo prescelto per la sua ricezione l’acquisizione di documenti che asseverino pratiche di catttiva vendita (misselling) o altre violazioni penali (per esempio false comunicazioni sociali) che avrebbero inciso sulla scelta del risparmiatore. Nel frattempo proprio oggi l’Acf della Consob si riunirà per l’ultima volta a esaminare le ultime istanze dei clienti in vista della scadenza del 30 novembre prevista per i primi rimborsi varati con il decreto Milleproroghe.
© Riproduzione riservata